Dopo averti dato le dritte iniziali ed aver visitato il Parco Nazionale di Mochima, eccoci di nuovo in viaggio.
Da Puerto Ordaz (Ciudad Bolivar) partono le escursioni di 3 o più giorni per la Gran Sabana, il fulcro del Venezuela, la zona più affascinante.
Si attraversa il ponte costruito niente popò di meno che dall’architetto Eiffel, piccola sosta a El Dorado dove fu incarcerato Henri Charrière, detto Papillon e reso famoso nell’omonimo film.
E’ la Jeep che ti permetterà di viaggiare agevolmente in queste zone dove sparsi qua e là si incontrano villaggi, persone e militari che a loro modo controllano chi passa.
Mi raccomando, in un eventuale controllo militare, te ne capiteranno sicuramente, sii gentile ma non ti preoccupare e se sai qualche parola di spagnolo (basta aggiungere la esse in fondo 🙂 ) parla del tempo…
Questo è l’ingresso della foresta pluviale, l’umidità sulla pelle, i corsi d’acqua colore “bevanda analcolica alla cola” ne sono l’assaggio.
La vegetazione è a tratti impenetrabile, tutto lo conferma: siamo in Amazzonia.
Purtroppo o per fortuna da piccolo viaggiatore non ci si accorge che questa parte del mondo è in grave pericolo, si avverte invece la profonda energia che emana o dovrei dire che trasuda!
Gli alberi, le piante, i fiori, molti dei quali a noi conosciuti ci dimostrano, esplodendo in grandezza, colore e abbondanza, che questa è la loro casa.
Altresì gli animali talmente grandi da creare in te la percezione di un bambino.
Potrei indossare un ragno come cappellino ed ho in mano (sopra tutta la mano) uno splendente coleottero nero.
Durante il percorso si pranza nei piccoli ristori per la via.
Il piatto del giorno è quello che ti verrà servito, carne alla brace, pollo, formaggio, fritti, accompagnati forse dalla salsa di termiti ma sicuramente dal sottofondo della telenovelas del momento, quindi parla a bassa voce, che diamine!
Ah se vuoi bere del Chinotto, bene, berrai della gazzosa, non mi chiedere il perché.
Ti fermerai sicuramente davanti alla Piedra de la Virgen: un’enorme pietra sulla cui superficie sembra esserci raffigurata una (Ma)donna, sulla quale si raccontano diverse leggende.
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La prima cascata da vedere è il Salto Aponguao (Chinak Merù).
Occorre salire su una curiara, una canoa scavata in un tronco, nessuna paura il tragitto è tranquillo, il giubbino di salvataggio lo hai indosso e una guida ti accompagnerà.
All’attracco ti aspetta una passeggiata in piano lungo il fiume.
Il paesaggio la rende piacevole, anche se l’acqua da bere ce l’hai nello zaino, vero?
Io sono qui dopo il periodo delle piogge, forse è anche per questo, ma questa cascata è un’enorme e schiumosa birra fresca, a tratti una lager, poi al malto e marrone come una Chimay.
Ha due osservazioni, dall’alto e dal basso, se scendi, anzi, quando scendi indossa il k-way (che hai sempre nello zaino).
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Sulla strada principale vicino a uno dei pochi distributori di benzina della zona si trova Salto Kavi: per questo la vedrai sicuramente.
Essa deve la sua particolarità al fatto che si divida in 2 cascate durante il salto e una candida laguna l’accoglie.
Lo sconfinato paesaggio non ti abbandona, mantenendo il tuo stato di libertà sempre ai massimi livelli; se ti vuoi dare dei punti di riferimento per capire più o meno dove sei controlla da che parte hai Roraima, il più grande Tepui o Tepuy.
Per tepuy s’intende una montagna con la cima piatta generalmente non collegata ad altre, le pareti e i contorni di Roraima sono rocciose e come ombre cinesi in contrasto con il cielo creano figure di animali o qualunque cosa ci si voglia vedere!
Mi dicono che Roraima è uno dei Tepui più facili da scalare e semplici sono i trekking che offre.
Crinali rocciosi, spazi sabbiosi, piccole lagune dove bagnarsi è ciò che ti aspetta.
Qui flora e fauna sono endemiche e studiate perennemente dai biologi.
Ricorda inoltre che i Tepuy per gli indigeni sono sacri: accolgono gli spiriti dei loro antenati, comportati di conseguenza.
Si arriva fino al confine con il Brasile, quindi dogana, timbro sul passaporto, foto di rito tra le due bandiere e rientro in Venezuela: piccola scemenza da turisti!
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E’ attraverso la Quebrada de Jaspe (Valle del Diaspro) che hai l’opportunità di vedere Kako Paru (ruscello di fuoco) cascata irrinunciabile.
Questo piccolo anfiteatro a 3 piani è continuamente bagnato da numerose cascatelle.
Farsi una doccia gelata qui sotto od oltrepassare l’acqua e vederne i getti da dietro è uno spasso.
Ma è il ruscello che l’accoglie ciò che impressiona, la pietra piatta e levigata è rossa.
La corrente è minima, l’acqua arriva alle caviglie.
Puoi camminare tranquillamente (meglio con i sandali adatti) avanti e indietro nella “Piazzetta” antistante la cascata o proseguire più avanti nel letto del fiume.
Che creatività questa natura, nemmeno a un bimbo sarebbe venuto in mente di colorarla di rosso!
Venendo via si ha la sensazione di non esserci stati abbastanza e l’idea ti accompagnerà per tutto il giorno.
Non distante c’è un ristorante dove puoi mangiare o semplicemente bere; un bell’albero di Natale all’entrata diffonde nell’aria caldo-umida, musica natalizia, creando in me un sentimento di contraddizione che vale la pena provare una volta nella vita.
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Il viaggio prosegue, come è giusto che sia.
La piccola sosta a Yuruanì, muro d’acqua alto sei metri ma lungo 60 ci ricorda che le cascate rappresentano principalmente il vigore dell’acqua.
Acqua che ritorna ad essere nei toni del nocciola.
In alcuni periodi dell’anno quando il suo flusso è meno portentoso la si può attraversare rimanendo dietro il getto dell’acqua ma non è questo il mio caso.
Si scende a piedi per il sentiero e si prosegue camminando sugli enormi massi che spuntano dall’acqua.
Tranquillo non più di 10 min. A prima vista Arapan Merù non colpisce molto.
Ma poi ti rendi conto che qui in fatto di cascate la competizione è alta.
Seduta su una comoda roccia mi rendo conto che il cielo è perfetto, il paesaggio tranquillo, lo scroscio dell’acqua mi rilassa, la voglia di buttarmi in acqua è tanta ma la consapevolezza di essere fortunata è assoluta.
Il tour termina a Puerto Ordaz.
La zona residenziale dove ho dormito è piacevole, alla posada Kavak mi accoglie Maria che parla e cucina in perfetto italiano.
Gentilissima mi accompagna in auto ad uno dei tanti centri commerciali.
Ed è qui che ritrovo l’apoteosi del Natale: luci, addobbi, alberi, ghirlande troneggiano ovunque.
C’è perfino la slitta di Babbo Natale a grandezza naturale e la casetta di marzapane!
Ma quanto sono americani questi americani!
Se vuoi vedere altre foto oltre a quelle dell’articolo ecco la galleria completa.
Articolo di
Silvia Balcarini