La città di Nuoro ha dato i natali ad illustri personaggi.
Tra questi la piu’ conosciuta è probabilmente Grazia Deledda, vincitrice del Premio Nobel per la letteratura nel 1926, di cui abbiamo già parlato, senza dimenticare il grande giurista e scrittore Salvatore Satta.
Meno noto ma non meno importante nel campo dell’arte Francesco Ciusa è uno scultore, nato a Nuoro, e ritenuto l’iniziatore della scultura moderna nell’isola, che la città ricorda dedicandogli un bel museo, il Museo Ciusa appunto, che a poco meno di due anni dalla sua inaugurazione, avvenuta il 20 maggio del 2010, espone alcune delle sue opere piu’ importanti.
L’esposizione, “circa 60 pezzi, tra cui nove gessi appartenenti alla opera statuaria di Ciusa, afferente al patrimonio della Regione Autonoma della Sardegna, e numerosi lavori in terracotta e pasta marmorea affiancati da disegni e documenti d’archivio”, vanta una produzione che mette a nudo le radici del mondo barbaricino, antichissimo, rude, che appare spesso severo, ma che allo stesso tempo è fortemente intimistico.
Per comprenderne la forza basta soffermarsi davanti alla statua “I cainiti”, una scultura qui esposta in gesso, che rappresenta un uomo che tiene in mano la testa del nemico ucciso, e che vuole ricordare il mondo pastorale barbaricino: impossibile non avvicinarsi alla faccia del giovane ucciso per vederne i lineamenti e i tratti del viso piu’ da vicino.
Altrettanti impossibile non fare scattare l’allarme e la voce automatica che dall’alto ti richiama a non avvicinarti troppo alle statue, protette tutte intorno da un sensore sensibilissimo.
All’interno della mostra è inoltre interessante oltreché bello, vedere la ricostruzione, integrata con frammenti marmorei originali, del monumento eretto nel 1931 a Nuoro in onore di Sebastiano Satta e poi distrutto.
Proseguendo la visita alla mostra di Ciusa numerose statue raccontano il mondo pastorale e contadino con i suo riti; tra queste “Il pane”, lo scorso anno esposta al Vittoriano di Roma, è un’intensa rappresentazione di una donna intenta a dar forma ad un panetto che poi diventerà “pane carasau”, il tipico pane della Sardegna che tu forse conoscerai con il nome di carta da musica, che ancora oggi in molte case unisce il vicinato o il parentado nella preparazione e nella cottura.
Interessantissimo il video proposto in uno degli schermi presenti all’interno della sala che in alcuni minuti ti mostrerà come nasce questo pane: molto piu’ di un semplice rito, anche questa è arte!
E quando l’esposizione appare terminata si apre prima dell’uscita una stanza.
E forse non è un caso che l’ultima opera di questa mostra di un grande della scultura sarda sia proprio quella con cui tutto è cominciato: “La madre dell’ucciso”, primo premio alla Biennale di Venezia nel 1907 ed esposta anche in bronzo (ne esistono 5 esemplari) alla Galleria Nazionale di arte moderna a Roma.
Per capire quest’opera partirò dalla genesi e da una testimonianza raccolta da un amico dello scultore che gli raccontò di aver visto una madre “urlante, come ombra nera di malaugurio“, avvicinarsi al figlio ucciso, “e poi il suo chiuso silenzio accanto al cadavere“.
“La madre dell’ucciso” racconta di un dolore intenso, nella figura di una donna con le ginocchia alzate al petto, le braccia chiuse intorno alle ginocchia, il busto eretto, la testa alta, la bocca chiusa, quasi sigillata nelle labbra sottili e dalle rughe tutte intorno, le stesse che si scorgono nelle mani e nei piedi e che si confondono con le pieghe del tipico fazzoletto sardo attorno al viso.
Un’opera da guardare ma soprattutto da ascoltare.
Situato al secondo piano, nella parte est dell’edificio, il Museo Ciusa si compone di 6 ambienti serviti da un corridoio distributivo, ed è ospitato all’interno dello Spazio Espositivo Tribu, che al piano terra e al primo piano ospita le mostre temporanee.
In questo momento e fino al 30 aprile questo spazio ospita un altro celebre artista sardo, Eugenio Tavolara, scultore e designer originario di Sassari che nel 110 anniversario della sua nascita viene ricordato con la mostra “Il mondo magico”.
Andrò presto a vederla e ti prometto di farti sapere cosa ci ha riservato il Tribu.
Dimenticavo di dirti che il museo, chiuso il lunedì, è aperto dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 16.30 alle 20.30 e le visite sono gratuite, anche se su prenotazione.
(per info: 0784 253052).
E se la presenza di due tra i massimi esponenti delle tradizioni sarde non ti ha convinto, forse il costo del biglietto muoverà la tua curiosità: 1,00 euro, il prezzo, a mio parere ridicolo, per avvicinarti ad una tradizione antichissima.
Articolo di
Bianca Ferracani