Musei Vaticani – Foto di Alessandro Spolaore

Prima della mia recente visita culturale a Roma non avevo idea di quanta arte custodita ed esposta in questa città, e in questi Musei, fosse opera di un artista, indiscusso genio, pittore, scultore, architetto che ha messo la sua firma su innumerevoli capolavori: il grande Michelangelo.

La Cappella Sistina è uno dei più grandi tesori artistici del mondo, e soprattutto è il tesoro più ambito di chi entra a visitare i Musei Vaticani, molti ci vanno solo per “lei” e poi rimangono positivamente stupiti dall’enorme offerta di questo paradiso dell’arte.

La Cappella è l’ultima sala del tour dei Musei e si trova in un edificio situato all’angolo sud-ovest del nucleo medievale del Palazzo Pontificio e prende il nome dal papa Sisto IV della Rovere, per volere del quale fu ristrutturata tra il 1477 e il 1480.

Essa nacque quasi per caso come semplice cappella di palazzo, ai Palazzi Vaticani serviva un nuovo edificio di culto per le celebrazioni solenni e per ospitare il conclave, cioè la riunione dei cardinali che eleggono il Papa.

L’architetto creò un edificio grandioso, che aveva le stesse dimensioni del Tempio di Salomone, così come le descrive la Bibbia: lungo oltre quaranta metri e alto quanto un palazzo di sette piani!

Papa Sisto IV volle che le pareti della Cappella fossero decorate con le storie di Gesù e di Mosè, personaggi guida per il popolo ebraico, e chiamò gli artisti più famosi dell’epoca: Botticelli, Rosselli, il Ghirlandaio e il Perugino.

Qualche anno dopo il cantiere della Basilica di San Pietro causò notevoli problemi statici e danni alla cappella, aprendo un’enorme crepa nella volta che fu poi risolta dal Bramante, architetto pontificio, ma che lasciò danni irreparabili agli affreschi, così il nuovo papa, Giulio II, pensò a Michelangelo per riaffrescare la volta.

Egli compì il miracolo completamente da solo, senza l’aiuto di nessuno e come aveva affermato Goethe:

“Senza aver visto la Cappella Sistina non è possibile formare un’idea di cosa un solo uomo sia in grado di ottenere”.

Come mai fu scelto Michelangelo?

Pare che fu il Bramante a suggerirlo al papa, e data la rivalità tra i due artisti, lo fece proprio per mettere in difficoltà l’odiato scultore che non aveva mai eseguito un affresco fino ad allora e non aveva familiarità con quella tecnica.

Infatti Michelangelo non accettò subito, considerando la pittura un’opera minore rispetto alla scultura, inoltre quella volta era decorata con un cielo blu e stelle dorate e lui la disprezzava.

Il papà allora lo sfidò a trasformare quel “granaio” nel Gioiello del Vaticano e l’artista accettò suo malgrado la sfida.

Dato che sulle pareti laterali c’erano già le storie di Mosè e di Gesù, per evitare ripetizioni, fu costretto a dipingere gli episodi biblici che andavano dalla Creazione a Noè e il lavoro solitario e tormentato di Michelangelo durò quattro lunghissimi e faticosi anni.

Nell’ottobre 1512 l’opera fu conclusa e il giorno di Ognissanti la Cappella Sistina venne inaugurata con una cerimonia trionfale.


Foto di Alessandro Spolaore

Michelangelo ha trasformato le pareti in capolavori parlanti, oltre mille metri quadri di affreschi che raccontano le meraviglie del Creato e la storia dell’uomo in una magnificenza da lasciare senza fiato… da farsi venire i crampi al collo per quanto non si riesce a staccare gli occhi da quei colori.

Il Giudizio Universale, posto sulla parete della porta d’entrata alla Cappella, è l’opera della maturità di Michelangelo che ormai sessantenne lo realizza in circa 450 “giornate”.

Per vederlo bisogna voltarsi indietro, e appena entrati non è certo il primo istinto, che è quello invece di porsi al centro dello spazio, alzare gli occhi al cielo e contemplare ogni singola porzione di quel capolavoro.

Poi ruotando su se stessi e giungendo di fronte al Giudizio Universale pare come se la parete si fosse improvvisamente spalancata e al di là dei limiti della Cappella apparisse la scena dell’ultimo giorno.

Andarsene da qui è veramente difficile perchè si ha l’impressione che gli occhi, la mente e il cuore non abbiano abbastanza spazio per “registrare” tutto quello che si ha davanti e non scordarlo più.

Peccato solo che, secondo me, non sia resa giustizia al tutto con una imponente illuminazione, ed a metà pomeriggio la luce proviene solo dalle finestre che sono poste in alto e non sono poi così grandi.

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Brevemente ti voglio descrivere altre cose che mi hanno particolarmente colpito dei Musei e che meritano attenzione:

Le Stanze di Raffaello: sono la parte dell’appartamento privato che fu di Giulio II della Rovere e dei suoi successori al secondo piano del Palazzo Pontificio.

La decorazione delle stanze fu affidata a Raffaello (altro nome che ha un grosso “peso” nella storia artistica di Roma) e dai suoi aiuti tra il 1508 e il 1524.

Le stanze sono 4, coperte da volte a crociera, tranne la sala di Costantino e sono dipinte con affreschi veramente bellissimi.

La Pinacoteca: contiene dipinti e arazzi che vanno dal XI al XIX secolo.

E’ divisa in sale, ognuna delle quali illustra una o più scuole pittoriche, un periodo o anche singoli autori.

La Galleria delle Carte Geografiche: prende il nome dalle 40 carte topografiche (32 affreschi di 320×430 cm circa sulle pareti lunghe e 8 minori alle estremità) delle regioni italiane e dei possedimenti della chiesa che papa Gregorio XII vi fece dipingere tra il 1580 e il 1583 sulla base di cartoni disegnati da Ignazio Danti, uno dei maggiori cosmografi del tempo.

Il Museo Egizio: fu fondato da papa Gregorio XVI nel 1839 e ideato dal Padre Ungarelli, uno dei primi egittologi italiani.

La raccolta si compone di antichità egiziane acquistate dai papi a partire dalla fine del XVIII secolo, ma soprattutto di statue ritrovate a Roma e dintorni e portate dall’Egitto in epoca romana.

Usciti da tutto questo ti sentirai enormemente arricchito/a, parte e custodi della “storia italiana”.

Articolo di
Alessia Scarparo