Vista di Nuoro – Foto di ozzadavies
Spesso mi ritrovo ad utilizzare le parole di gradi scrittori per descrivere un luogo, questo perché certe menti sono state in grado di racchiudere talvolta in poche righe righe, talaltra in un romanzo l’essenza di un territorio, di un popolo e della sua storia.
In questo senso Grazia Deledda (premio Nobel per la letteratura nel 1926, unica scrittrice italiana a ricevere questo premio) è forse la scrittrice sarda che più di ogni altro ha saputo far conoscere con i suoi scritti, la sua terra in tutto il mondo, descrivendo gli usi e i costumi della sua gente, i luoghi a lei più vicini, il Nuorese e la barbagia, la gastronomia, l’arte, l’artigianato, le leggende e il mondo agropastorale della sardegna a cavallo fra l’Otto e il Novecento.
Leggere i suoi romanzi è avere un quadro degli aspri paesaggi di una terra antica e della sua gente, dove non manca mai la descrizione di uno o più riti della tradizione sarda.
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Il nostri itinerario nei luoghi deleddiani non può non partire da Nuoro, città natale della scrittrice, capoluogo della omonima provincia, dove sono ambientate molte delle sue opere.
Nel romanzo autobiografico “Cosima” ad esempio, vi è un’ampia descrizione della casa della scrittrice situata nel quartiere storico di San Pietro, oggi Museo Deleddiano.
“Il vecchio della montagna” è un romanzo ambientato nel Monte Ortobene, amatissimo dalla scrittrice e dai nuoresi:
“No, non è vero che l’Ortobene possa paragonarsi ad altre montagne; l’Ortobene è uno solo in tutto il mondo: è il nostro cuore, è l’anima nostra, il nostro carattere, tutto ciò che vi è di grande e di piccolo, di dolce e duro e aspro e doloroso in noi”.
Nella sua cima a 955 s.l.m si può ammirare la Statua del Redentore, innalzata nel 1901 in occasione del Giubileo, ai piedi del quale si celebra la messa solenne che conclude un’importante sfilata di costumi tradizionali che si celebra ogni anno il 29 agosto e alla quale partecipano tutti i paesi della Sardegna.
Maschere tradizionali, balli sardi e sfilate di cavalli coronano la Sagra del Redentore, un appuntamento con le tradizioni sarde che non puoi mancare se ti trovi nel nuorese a fine agosto.
Per gli appassionati di trekking il Monte Ortobene offre una serie di percorsi che permettono di godere di una vista a 360°, che sul versante opposto della città si estende sui monti di Oliena permettendo nei giorni più tersi di vedere il mare.
Di rilevante interesse è la cosiddetta “sa conca” o “il fungo”, situato sul ciglio della strada che porta al parco di Sedda Ortai; si tratta di un ovile ricavato all’interno di una enorme roccia, unico in Sardegna.
“La chiesa della Solitudine”, descritta nell’omonimo romanzo, è situata ai piedi del Monte Ortobene, e presenta le linee architettoniche tipiche della chiese campestri, ospitando le spoglie della scrittrice riportate tra la sua gente nel 1959 da Roma, città nella quale la Deledda morì nel 1936.
Nel romanzo “Canne al vento” la Deledda descrive invece la chiesetta di Valverde, situata ai piedi del Monte Ortobene, mentre la Cattedrale di Santa Maria della Neve, che sorge su un colle che i nuoresi chiamano “sa tanchita” trova spazio nel “La giustizia”.
La cattedrale, in una zona appartata rispetto ai quartieri storici di Seuna e di San Pietro, è di stile neoclassico e domina la piazza antistante circondata dalla curia vescovile e dal seminario.
Al suo interno è possibile ammirare tra gli altri, dipinti di G.Ciusa Romagna, pittore e architetto nuorese, ma in generale le decorazioni al suo interno fanno riferimento alla scuola pittorica sarda dei secoli XIX e XX e sotto questo aspetto sono importanti per la conoscenza della produzione iconografica dell’isola in quel periodo.
“Tradizioni popolari di Nuoro” è l´insieme dei contributi che la Deledda, appena ventenne, attenta studiosa di tradizioni popolari sarde, pubblicò a puntate nella Rivista delle tradizioni popolari italiane dal dicembre del 1893 al maggio del 1895.
Al suo interno la Deledda dice della sua città:
“Nuoro è senza dubbio la più caratteristiche delle città sarde… chiamata scherzosamente, dai giovani artisti sardi, l’Atene della Sardegna…”
Avvicinarsi a questa città con un romanzo della sua figlia più conosciuta è senza ombra di dubbio un modo per saperla apprezzare al meglio.
Articolo di
Bianca Ferracani