Foto di Alessandro Spolaore
Ogni tanto la mente mi porta a ricordare quel meraviglioso viaggio nella storia d’Egitto che ho vissuto 4 anni fa e non posso fare a meno di chiudere gli occhi e riassaporare quei ricordi, quei colori, quelle calde sensazioni di eternità.
Dal cuore della metropoli del Cairo si avverte l’imponente presenza, appena fuori dalla cinta del suo immenso traffico, delle piramidi e del loro immobile occhio vigile sul progresso.
Appena arrivati alla piana di Giza mi sfiora la pelle d’oca e un colpo allo stomaco, è una vita che sogno di essere qui, di vedere questo, di provare per un attimo ciò che provavano loro.
Ma appena la guida ci avvisa della possibilità di entrare dentro la piramide di Chefren vivo una sensazione quasi di paura, che sia timore reverenziale?
La magnificenza del sito dove sorgono le tre piramidi non ha eguali, tutto abbaglia di un colore ocra e soffoca di un caldo pesante, ma la magia dei secoli ci circonda in ogni dove.
Mi faccio forza e inizio la fila assieme alle altre persone, pronte per una discesa verso il freddo, umido e ancora pulsante cuore della grande tomba.
Ci accoglie uno stretto e basso corridoio che ci costringe a procedere chinati in avanti, quasi in ginocchio.
La scarsa illuminazione e la soffocante umidità non promettono nulla di buono, ma respirando tranquilla continuo a camminare.
Siamo tutti in fila indiana, indietro non si torna.
Mentre scendo penso: “Ma chi me l’ha fatto fare..”, non soffro i luoghi chiusi ma l’aria poco ossigenata e la lunghezza del percorso non sono piacevoli, e mi rispondo che io me lo sono fatto fare, non mi sarei mai perdonata di aver rinunciato a questa occasione.
Dopo circa 10 minuti di “discesa agli inferi” arriviamo a destinazione, con mia grande sorpresa e delusione scopro che tutto quello che c’è da vedere è una piccola stanza (per fortuna più alta del corridoio) anch’essa senza aria e molto spoglia.
In realtà sto vedendo la camera sepolcrale di Chefren, che misura 14 x 5 metri e si trova a 3 metri sotto il livello della base, esattamente al centro della piramide.
Velocemente percorro la stanza e velocemente ammiro il grande sarcofago di granito del re, poi mi dirigo di corsa verso il corridoio.
C’è un grande affollamento ed è ora di uscire perchè la via è a senso unico e c’è già la fila di persone che preme per scendere.
Appena mi ritrovo all’aria aperta respiro a pieni polmoni la calda e secca aria del deserto, volgendo lo sguardo all’insù ad ammirare la sovrastante altezza di quella costruzione, tanta imponenza e visibilità all’esterno contrapposta ad altrettanta semplicità e povertà all’interno.
Queste strani e curiosi controsensi sono alla base della mia enorme passione per un popolo di ingegneri, architetti, poeti, religiosi e precursori dei tempi.
Da quel viaggio sono tornata con mille storie nel cuore, raccontate come favole, ma veramente vissute e avvincenti come nel migliore dei best-seller d’avventura.
Mi sono resa conto solo dopo, con quella discesa umida, di aver fatto parte di uno scorcio d’eternità.
Spero di averti trasmesso un briciolo della grandezza di questo popolo e di questa terra, perchè tornerò ancora a raccontarti della mia esperienza unica.
Articolo di
Alessia Scarparo