Se dovessi attaccare dei post-it sul Vietnam sarebbero 3: cappello a cono, motorino carico, zuppa.
La struttura sociale di questo paese parrebbe omogenea, forse perché non sono così numerosi come altre popolazioni. Persino il concetto e il livello di pulizia è superiore ad altre realtà, nei bagni c’è quasi sempre la carta igienica, il loro modo di pulire appare accurato, più attenzione nei servizi per i turisti, nessuna richiesta di mancia esplicita e obbligata; direi un atteggiamento più giapponese, niente a che vedere con quello cinese o indiano. Tanto per fare dei paragoni che non si dovrebbero mai fare …
I templi buddisti e induisti hanno tutti influenza cinese, i vietnamiti non hanno creato un’arte propriamente loro e come i cinesi sono estremamente laici. Peccato non sappiano più leggere gli ideogrammi.
Continuando nei paragoni inutili il mio arrivo ad Hoi An (da non confondere con Hanoi), mi regala subito una bella impressione e mi rimanda a Pingyao in Cina.
Stavolta però non dormo dentro la zona pedonale in un homestay arredata in stile antico, ma in una altrettanto bella, curata nel dettaglio, a gestione familiare; per raggiungere il centro storico basta pedalare per 10 min con le loro bici ad uso gratuito. Il traffico è modesto, niente di cui preoccuparsi. L’impatto con la bici è micidiale, dopo le prime pedalate ti senti immediatamente all’interno dell’ambiente, caspita, sembri arrivato da giorni.
Dichiarata Patrimonio dell’Umanità Hoi An è una bomboniera, forse ancora di più che Pingyao. Tutti gli edifici restaurati, le stradine, il ponte giapponese: le foto vengon da sé!
Non mi nascondo dietro un dito, Hoi an è un “parco giochi” per il turista che vuole sentirsi viaggiatore all’ora dell’aperitivo!
Gli edifici in stile cinese, giapponese e francese ospitano negozi, ristoranti, negozi, caffè, negozi. Ci sono persino caffè e ristoranti veramente italiani, arredati alla moda, i prezzi sono di conseguenza poco più bassi dei nostri.
Puoi parcheggiare ovunque la tua bici, la mia è stata tutto il giorno davanti al mercato, che ti consiglio di visitare, insieme a quello del pesce e dell’abbigliamento.
Il borgo è veramente piccolo, ti ritrovi a percorrere le stesse strade più volte, non ti serve una guida, basta la piccola mappa presente sulla tua guida cartacea oppure quella data dall’hotel. Si paga l’entrata che spesso è già compresa nel costo dell’hotel, informati. Lo stesso biglietto comprende un’abitazione, una sala per le adunanze, un museo. Ogni biglietto cumulativo da diritto a 5 siti, anche se sinceramente non ho visto nessun vero e chiaro controllo all’entrate dei musei e nemmeno nelle sale delle adunanze. Se tu dovessi incappare in un controllo, cioè se ti fermano persone in divisa, uscendo e rientrando nella zona pedonale, basterà dire o far capire che hai già pagato.
È inevitabile buttarsi nello shopping, le lanterne occupano i primi dieci posti della graduatoria. No, non sono tutte uguali, amando io i dettagli posso dirti che oltre a differire in modello, grandezza e colori, possono essere di seta e cotone, lisce, ricamate o dipinte. Decidi innanzitutto come la vuoi, ti sarà più semplice poi aguzzare la vista di banco in banco per scovare quella più adatta. Niente paura per il trasporto, si chiudono, tipo ombrello. Altrimenti puoi fartela fare su misura in fabbrica che si trova poco più avanti e dallo stesso lato della sala delle adunanze di Trieu Chau, se vuoi te la consegnano in hotel. Alla fabbrica di seta invece, secondo me, di lanterne ne hanno un’esposizione limitata, belli invece altri prodotti, sciarpe, foulard ecc.
Oltre alle lanterne, a me hanno colpito molto i quadri, molti i negozi che ne espongo tanti e diversi pittori, interessanti, a mio gusto. Niente paura, in caso di acquisto te lo ripongono in un tubo rigido.
Come per la cittadina modellino cinese anche l’antica Fai Fo racconta la stessa storia, punto nevralgico per il commercio marittimo verso la Cina e l’India divenne poi la loro casa, specie per i cinesi. Entra a visitare i piccoli musei che altro non sono che case museo, molte delle quali ancora abitate o contenenti oggetti, mappe del tempo, ceramiche. Non dimenticare di entrare in una sala delle adunanze cinesi, ai nostri occhi molto simili le une dalle altre; ti consiglio infatti di sceglierne una meno famosa o di attendere l’uscita in caso che un gruppo di turisti sia appena entrato, la visita è breve ed ha un altro sapore se accompagnata dal silenzio. Idem per le case.
Puoi decidere di fare un giro in barca sul fiume, se la giornata lo permette è piacevole e regala qualche angolo meritevole.
Il top però arriva a sera, i commercianti hanno l’obbligo dell’esposizione e accensione delle lanterne che vanno a sommarsi con quelle a collana sulle vie, un incanto. Attraversa il ponte illuminato e prosegui la tua passeggiata anche dall’altra parte, qui puoi trovare anche qualche bancarella, se i negozi non ti fossero bastati. Per il pranzo o la cena hai solo l’imbarazzo della scelta, ovviamente come esci subito dal centro pedonale i prezzi piombano. Come al solito io ho fatto un po’ e un po’, pranzo contenuto al di fuori o sulle bancarelle, cena al ristorante. Il mio consiglio spassionato è di andare da Mango Mango, tanto mi è piaciuto che l’ho rammentato per tutta la vacanza. La cucina è vietnamita e nemmeno rivisitata, è solo cucinata con alta classe che si traduce in goduria del palato, idem i cocktail.
Non mancare un bel massaggio ai piedi, specie se è dalla mattina che cammini lentamente e procedi solo con piccole fermate. Da principio titubante, per un secondo, non ho potuto resistere. Ti siedi in poltrona, wifi gratis, musica di sottofondo, arriva la bacinella calda con limone ed altre erbe per lavarti, ecco la ragazza con l’asciugamano pulito. Ti avverto subito che se hai come me pantaloni lunghi che non si possono arrotolare ti daranno dei pantaloncini che dovrai indossare (lasciamo perdere) perché il massaggio arriva fino al ginocchio. E come per la volta precedente, la digitopressione c’è e si fa sentire ma debbo dire che porta giovamento (o come mi giungeva all’orecchio, il giovamento ti arriva quando ti lascia andare!). Sinceramente è, oltre che rilassante oggettivamente defaticante per le gambe. Una volta alzati la tua autonomia è risalita quasi per intero.
Nelle strutture di Hoi An trovi il quadernone con su scritti tutti i tipi di escursioni, in quad, corsi di cucina, pesca, ecc. Ti dà l’idea che potresti starci mesi e prendere parte sempre a qualcosa di diverso. I prezzi sono concorrenziali ma non di certo bassi e chissà come mai mi immagino che tenderanno ad alzarsi ancora. Le persone che ti circondano sono per metà vietnamiti e per metà biondi, di strutture alte, camminano solo in infradito e copricostume. Sono giovani nord europei che vengono ad Hoi An per il mare e per godersela. I giovani adulti invece, dopo il mare, si ritrovano ben vestiti, nel borgo edulcorato a bere, forse anche una bottiglia di chianti in uno dei tanti ristorantini creati ad ok, quelli che “Dai facciamo un selfie”, poi ti rivedi e non sai più se eri qui o in qualsiasi altra parte del mondo. Boh.
Mi sa che è arrivato il momento che me ne vada da Hoi An.
Un Ciao particolare al ristorante Mango Mango.
Articolo di
Silvia Balcarini