C’è un altro percorso turistico a Boston (oltre al Freedom Trail già descritto), ancora più breve, quello contrassegnato, stavolta solo sulla mappa, dalla linea blu; esso attraversa Beacon Hill, un quartiere elegante e curato formato solo da case color “pancetta”!
La partenza?
Sempre da Boston Common.
Tornando dalla passeggiata puoi rilassarti nel parco vicino, il Public Garden, concedendoti un giro o ammirando sull’acqua le famose barche a forma di cigno o con le panchine a bordo! Non dimenticare di gironzolare per Washington street, all’altezza dell’Opera House e del Paramount Theater (Downtown Crossing), qui c’è perfino la sede distaccata di Macy’s (ex Filene Basement).
Un’altra bella zona da raggiungere è Copley Square nel quartiere di Back Bay dove vi si affacciano la Public Library, la Trinity Church e la Old South Church, tutte meritevoli di una visita ed estremamente interessanti per il loro aspetto e il contesto in cui si trovano. Questa piazza è, secondo me, il punto turistico di confine, dove la parte storica lascia spazio a quella futurista con la vista dei grattacieli.
Il quartiere è famoso per gli affari e per lo shopping.
Cammina sulla Newbury Street per osservare i negozi alla moda che trovano spazio niente meno che ai primi piani e nei piani interrati delle case a schiera.
Adesso torna Boylston Street, qui ci si imbatte nei grandi magazzini fino a raggiungere il famoso e grande complesso del Prudential Center. Una grande area dedita agli affari e al commercio. Molti i negozi più o meno interessanti. Se vuoi c’è la possibilità di salire in cima allo Skywalk Observatory. Io ti dico risparmia i soldi, Boston dall’alto non è Manhattan, i grattacieli non hanno nessun carattere che li contraddistingue e la vista è solo interna.
Per quanto riguarda lo shopping i prezzi nei centri commerciali sono in linea con i nostri ma è la tassa locale ad essere più bassa che a New York. Anche qui i grandi affari si fanno negli outlet numerosissimi fuori città e ben visibili dal pullman. Per i miei gusti preferisco il SoWA Open Market (solo la domenica 10-16), facci un salto se hai tempo è molto più interessante e tipico. È presente nel quartiere di South End oppure nei pressi di Harvard. Probabilmente ti ruberà l’intera giornata.
Non lasciare Boston senza essere andato ad Harvard, niente meno che la prestigiosa università citata sempre con estrema fierezza. Situata nel quartiere di Cambridge, tanto per rimanere in tema, è formata dalla zona principale, quella storica e da tante altre parti esterne più moderne. Una vera e propria città universitaria.
Quello che ti consiglio è di essere qui in settimana, quando dal centro informazioni partono i tour guidati; non importa il tuo livello d’inglese o l’interesse per i dati storici dell’università questo ti permetterà di poter entrare nelle sale altrimenti vietate alle persone esterne.
In caso contrario goditi l’esterno, entra in chiesa, fai capolino qua e là. Meno possente della sorella Columbia di New York e d’impronta chiaramente inglese presenta numerose targhe con nome e data di chi, oltre ad aver frequentato e pagato questa scuola, ha devoluto grandi somme di denaro sotto forma di fontane, cancelli, decorazioni e quant’altro.
Tra gli edifici esterni da segnalare vi è L’Art Museum disegnato da Renzo Piano (32 Quincy Street), il Memoria Sanders Hall Theater (45 Quincy street, che da fuori sembra una chiesa), la Memorial Church, Peabody Museum.
Due-tre notti al massimo a Boston sono sufficienti per visitarla. Aggiungine altre se vuoi viverla un po’ di più o se vuoi effettuare qualche “escursione”.
A tal proposito avendo dato un’occhiata alle varie proposte ho trovato interessante solo il giro nella baia con l’avvistamento delle balene (non effettuato tutto l’anno). Per il resto si tratta solamente di visite a piccoli villaggi considerati d’interesse storico ma dove nulla è rimasto o tutto è stato ricostruito, oppure la visita della cittadina di Salem conosciuta per la caccia alle streghe ove non vi è nulla d’interessante a tal proposito. Insomma…
Puoi anche decidere di visitare qualche museo, il più gettonato o meglio, il più internazionale, è quello dedicato al presidente Kennedy.
Mentre invece se vuoi immergerti davvero nella città non puoi non andare a vedere una partita di football, di hockey o di basket. Qui tutti sono tifosi, molte sono le squadre importanti ed è consuetudine vedere per strada o in metro giovani e meno giovani che indossano divise sportive locali oppure quelle dei loro beniamini sportivi.
Allo stesso modo non dimenticare di cenare in un locale tipico con le tv accese sulla partita, l’atmosfera è brulicante ma differente dalla nostra tifoseria. Oppure se ti trovi da queste parti d’estate puoi informarti sui concerti che spesso si effettuano gratuitamente al Hatch Shell.
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Evito sempre di consigliare hotel o ancor peggio i ristoranti con il timore che, in un attimo, non siano più all’altezza delle aspettative. Stavolta è una delle mie eccezioni, ribadirò solamente le istituzioni culinarie della città provate o consigliate dai local.
Se invece vuoi trovare qualche locale a buon mercato mi hanno consigliato la zona studentesca, di Harvard. Comunque anche qui il cibo in generale non è costoso, anche se si sceglie un ristorante famoso.
Parto dal re l’“Old Union Oyster House”. Ti consiglio di prenotare altrimenti come me ti dovrai inserire nella lista d’attesa per poter cenare alle 22. Alla parete tutte le targhe dei personaggi famosi che qui hanno mangiato. Politici, attori, cantanti, un’infinità.
I piatti famosi? Sicuramente la zuppa di vongole, l’aragosta, il pane di mais, le ostriche, le vongole al burro.
Sempre per il pesce prendi in considerazione la catena “Legal Seafoods”.
Se invece hai voglia di un hamburger accompagnato con cipolle, patate e pesce fritto, ascoltando musica dal vivo o guardando una partita, ti consiglio “The green Dragon Tavern”.
Mentre se l’Italia ti chiama ti scrivo questa lista passatami direttamente da una local di origini italiane: “Monica’s vinoteca” e “Massimino” e per quanto riguarda la pasticceria “Modern Pastry”.
Capitolo pernottamento.
Avendo passato in rassegna millimetrica ogni possibilità ricettiva ho deciso per un ostello. I B&B generalmente collocati nelle villette d’epoca hanno prezzi folli e comunque spesso non viene offerta né la colazione, né il bagno in camera e diventa difficile trovare una camera tripla. Molti degli hotel non hanno personalità, sono cari e in particolare non sono collocati nel centro storico.
Gli appartamenti oltre a non avere prezzi incoraggianti non li ho trovati appropriati per le sole due notti passate in città.
Facente parte della catena Hostelling International è centralissimo e costoso per essere un ostello sia che si tratti di camera privata, che condivisa. Detto questo è meraviglioso, il più bello, funzionale, moderno che io abbia mai visto.
Arredato come un loft con richiami anni 50 è completamente sicuro (la carta magnetica dopo una certa ora ti apre anche il portone, la porta interna e l’enorme ascensore).
La zona colazione con la cucina è grande, pulita, luminosa, professionale, sembra quella di un ristorante. È sempre disponibile l’acqua, il caffè, il tè, dei biscotti e un grande frigo dove poi riporre i tuoi viveri.
La colazione che ti prepari da solo offre di tutto: cereali, succo, latte, diversi tipi di pane, frutta, marmellata, cioccolata, burro di noccioline ecc.
La mattina un assistente munito di pc passa tra i tavoli per consigliarti oppure per rispondere alle tue domande sulla città. L’ostello organizza inoltre visite ed escursioni completamente gratuite, offre il servizio di affitto bici e il deposito bagagli è elettronico.
Presenti le sale: tv, biliardo, lettura, conversazione. Wifi ovunque, climatizzatore autonomo, camere insonorizzate, munite ed arredate in maniera divina (che sia stato un viaggiatore e non un architetto a farlo?) mensole, porta valigie, tavolo, panchetti, attaccapanni, grucce, prese. Il bagno offre 3 asciugamani per persona e la tenda dell’enorme doccia è la piantina della metro. Applauso.
Clima, ritmo, proporzioni t’invitano in un’altra America.
Alla fine non resta che dire: “Boston è differente”.
Articolo di
Silvia Balcarini