La intercetti anche da miope, è spocchiosamente centrale.
Esteticamente unica e riconoscibile anche nei semplici contorni di nazione sul planisfero.
Il pretenzioso stivale è oltremodo agghindato da un brillante diadema di Alpi e da una passamaneria longitudinale di Appennini.
Ma la boria è così alta che le decorazioni sono anche esterne, borchie triangolari e fibbie gioiello, tenute vicine per una più veloce finitura.
Se solo allunghi il naso scovi anche strass, lacci e bottoni.
Fa mostra di se in vetrina la calzatura col tacco, spicca e si adagia nel calmo Mar Mediterraneo.
E’ attaccata all’occidente, fa piedino all’Africa rimanendo caparbiamente rivolta verso l’America.
Se necessario però diventa ponte per l’oriente.
Pretenziosa è il suo marchio.
Italia è il suo nome.
Distinguersi il suo stemma.
Lo stivale contiene il maggior numero di siti culturali e naturali al mondo dichiarati patrimonio dell’umanità dall’Unesco, il suo il vulcano è il più alto d’Europa e tiene compagnia ai suoi fratelli.
Ma soprattutto questo stretto gambale custodisce quello che l’uomo ha considerato universalmente cultura: architettura, scultura e pittura, letteratura, teatro, musica (manifattura, artigianato, ricamo, potrei continuare).
I suoi lineamenti regalano mari differenti nel carattere e nell’aspetto.
Inutile, impensabile, impossibile fare un elenco: che altro dire sulla cucina nazionale.
Qualsiasi piatto ha un perché, una storia alle spalle e necessita rispetto.
I dettami sono varietà, fantasia e manualità.
Qui anche un’effimera bevanda di due ingredienti richiede le medesime regole, il caffè.
Circa 5000 sono le principali ricette regionali al momento conteggiate, 1400 i tipi di pasta e pane, 500 varietà di formaggi, 700 di insaccati, 1300 le verdure fresche.
Solo per avere un’idea numerica approssimata per difetto…
Ogni piatto si ramifica in altrettante proposte, classiche, innovative, è difficile trovare il bandolo della matassa.
Come spiegare che al di qua e al di là di un torrente di paese anche il pane è impastato, cotto e creato in maniera diversa.
Il vino certo è il re ma che peccato mortale non conoscere i passiti, i vin santi, i liquori che rallegrano tutte le compagnie.
Il sistema sanitario nazionale è al secondo posto nel mondo per efficienza e accesso alle cure pubbliche per tutti.
Il genio è follia, perciò questo paese è folle.
Forse è per questo che il diavolo quando è a corto di idee passa di qua per trarre ispirazione.
Gli ingredienti ci sono tutti e in abbondanza.
Potrei viaggiarvi per tutta una vita, senza mai fermarmi e sempre senza riuscire a vederla e assaggiarla tutta.
E allora perché non visitare solo questa penisola?
Oltretutto non si dice che “per un viaggio occorrono solo un buon paio di scarpe”?
I più grandi lo definiscono l’estero, ecco, io per la maggior parte sono sempre andata lì.
Incontrando spesso luoghi scomodi e non così riccamente forniti, addirittura mal visti e snobbati, e più volte, io con loro.
Altrettanto spesso questa scelta è apparsa agli occhi degli altri un’affermazione di uno status symbol non corrispondente al vero.
Mi permetto di dire che i luoghi lontani sono raggiunti, il più delle volte paradossalmente, da gente squattrinata.
Infatti il budget è stato influente, caro il volo ma basso il costo della vita.
Una valutazione importante è stata data anche dall’età e dalla mia lista delle destinazioni.
Ritengo che alcune mete o meglio alcuni viaggi vadano fatti entro una certa età, ci vuole un pizzico di incoscienza, di adattamento e avventura che man mano crescendo diminuisce o si trasforma in altro.
Insomma i 20 anni sono i 20 anni per ogni cosa.
In più nelle varie liste di viaggio, (in gruppo, in coppia, prima di avere figli ecc…) ho considerato il fatto che avrei avuto con il passare degli anni meno giorni a disposizione (in genere 21), più difficoltà economiche vivendo per conto mio (infatti) e più responsabilità e ansia raggiungendo posti non proprio a misura di bambino.
Sicuramente ha influito la curiosità.
Tutto ciò che è nuovo, differente dall’abitudinario mi intriga a prescindere.
E poi senza accostarmi ai Marco Polo & C. l’etimologia del viaggio presuppone originariamente un lungo spostamento anche se oggi tutto questo ha perso di significato.
Insomma, per quello spirito che un po’ ha animato condottieri e scopritori di terre…
Certo con altri modi, con altri tempi e con un’altra consapevolezza…
L’idea di “scoprire” come nel suo originale significato, con in mano però mappa, cellulare, guida e quant’altro!
Lasciare casa, anche solo per pochissimo, significa confrontarsi e scontrarsi con realtà diverse con cui ti misuri in maniera differente rispetto a quando le vedi attraverso un schermo.
Mettermi alla prova, andare fuori me stessa, le mie certezze, al di fuori di tutto ciò che vivo, che mangio, che ascolto.
Forse per seguire le orme di Santiago nell’Alchimista, solo andando lontano ti accorgi che quello che cercavi era vicino, ma non lo avresti mai visto rimanendo seduto.
E per che no, per avere storie da raccontare.
Articolo di
Silvia Balcarini