Grappa in barca

Grappa in barca – Foto di Luca Vivan

 

Essere invitato a visitare il Trentino per due volte in pochi mesi – la prima la descrivo qui – mi fa sentire fortunato, perché non mi ripeterò mai abbastanza, è una regione che mi affascina, per il suo paesaggio, di valli e montagne, ma anche per la ricchezza di esperienze che mettono l’accetto sul rispetto del territorio e la sinergia.

Questa volta l’invito è arrivato dall’Istituto di Tutela della Grappa del Trentino, consorzio che mi ha subito impressionato.

Dobbiamo subito sfatare un mito, la grappa non è più quella bevanda fatta in modo approssimativo da condividere tra amici nelle serate d’inverno o in oscure osterie di campagna, è un liquore di tutto rispetto che può competere con i tanto celebrati whisky invecchiati dei paesi anglosassoni.

La buona grappa è distillata a partire da vinacce ben conservate e buone uve, con tecniche che ricordano la passione dell’artigiano anche quando vengono eseguite in distillerie di grandi dimensioni.

Distillazione

Distillazione – Foto di Luca Vivan

 

Inutile dire che una grappa fatta in questo modo non produce lo stordimento tipico di molti intrugli largamente diffusi, è un piacere per il palato, una sorta di meditazione in cui tutta l’attenzione va alle sfumature dei sapori.

Sapere poi che la produzione di questa eccellenza è il frutto di conoscenze che vengono condivise senza concorrenza ma anzi con spirito di collaborazione, conferisce al bicchiere che si degusta un tocco diverso.

L’Istituto di Tutela della Grappa del Trentino, oltre a garantire all’acquirente una grappa di qualità è un esempio che mi ha colpito: invece di competere per accaparrarsi fette di mercato, come spesso siamo abituati a vedere, i suoi soci collaborano per far conoscere il marchio del consorzio e per migliorare il prodotto grazie alle esperienze di tutti.

La sinergia tra le sue varie anime permette di raggiungere dei risultati che da soli sarebbero difficilmente raggiungibili, una caratteristica su cui più volte è stato posto l’accento durante il mio soggiorno, un valore aggiunto che sfida la credenza che chi va da sé fa per tre, soprattutto in un momento come quello attuale dove solo la rete e la condivisione può fare la differenza verso una maggiore qualità di prodotti, servizi e relazioni.

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Nebbia sul Lago

Nebbia sul Lago – Foto di Luca Vivan

 

Altro elemento che mi ha piacevolmente colpito è stata l’attenzione di alcuni produttori di uva verso l’agricoltura biodinamica, che si ricollega alle tradizioni del passato confrontandosi con gli studi moderni.

Così ho conosciuto la distilleria di Francesco Poli a Santa Massenza, dove oltre alla grappa è prodotto il famoso vino santo trentino.
È un vino che si ricava dal vitigno autoctono del Trentino, il Nosiola, che ha la sua zona di elezione nella splendida Valle dei Laghi, percorsa dall’antica strada romana che metteva in comunicazione la valle dell’Adige con il lago di Garda, caratterizzata da piccoli laghi di origine glaciale, come quello di Toblino e di Massenza, e da un clima mite, mediterraneo, che favorisce la coltivazione dell’ulivo che proprio qui trova il suo punto più a nord di tutto il mondo.

Il vino santo è prodotto con uve raccolte tardivamente e stese ad appassire su graticci fino alla Settimana Santa.
La costante ventilazione del vento Ora che soffia dal Garda e la presenza di una particolare muffa nobile, permettono la disidratazione degli acini e l’aumento degli zuccheri.
Dopo la pigiatura il vino viene messo in piccole botti di rovere dove rimane a fermentare per 6-8 anni.
Puoi immaginare che questo sia vino prezioso, per la sua particolarità è diventato Presidio SlowFood, valorizzando in questo modo la passione e l’esperienza dei vignaioli, che si impegnano a lavorare i vigneti con pratiche di coltivazione sostenibile.

Uva del Trentino

Uva del Trentino – Foto di Luca Vivan

 

Attraverso l’agricoltura biologica o biodinamica, praticano solo il diserbo meccanico, senza sostanze chimiche, utilizzando il sovescio al posto dei concimi o interrando preparati biodinamici.

Di agricoltura ecologica si è parlato anche con Stefano Pisoni, durante un pranzo molto conviviale alla distilleria Pisoni, che auspica la fine del modo di coltivare la terra secondo modelli preconfezionati da istituti agrari e industrie chimico-farmaceutiche e un salto di qualità verso un’agricoltura non di élite ma normale, dove i disciplinari sono basati sull’analisi e il rispetto delle peculiarità dei terreni e delle aziende.

I tre giorni trascorsi tra Torbole e la Valle dei Laghi sono stati caratterizzati da scambi di opinioni e confronti continui sulla qualità, il rispetto del territorio e la capacità di creare sinergie andando oltre i dogmatismi e gli egoismi professionali, facendoci accompagnare da imprenditori alla mano e giovani, sia dal punto di vista anagrafico che di spirito, da vini eccellenti e ovviamente da grappe preziose, di monotivigno, di agricoltura biologica o invecchiate.

La cornice di questa esperienza che mi ha arricchito molto aldilà della piacevolezza dei cibi e le bevande è stato il lago di Garda, che grazie alla distilleria Marzadro abbiamo potuto conoscere da una posizione privilegiata, in barca a vela.

Castello di Malcesine

Castello di Malcesine – Foto di Luca Vivan

 

Salpando da Malcesine abbiamo attraccato a Limone, toccando così le province di Trento, Verona e Brescia che si affacciano su uno specchio d’acqua unico al mondo, dove le montagne ricordano i fiordi nel loro scendere a picco sulla costa, mentre palme, lecci e limoni sussurrano il tepore del Mediterraneo, elementi che insieme ai vini, il cibo e le grappe lo hanno reso ambita meta turistica per le persone del Nord Europa.

Articolo di
Luca Vivan