Turisti, viaggiatori e oggi anche blogger e globetrotter: diciamocelo pure, che noia sentir parlare questi tizi.
Eravamo riusciti ad estinguere la ormai obsoleta serata con gli amici di ritorno dalle vacanze con l’obbligo di vedere centinaia di foto, (“Io odio il digitale!”), spesso uguali e sicuramente fatte male, di qualsiasi cosa, particolari inquietanti e per niente interessanti.
Tutto questo con il sottofondo musicale, nella migliore delle ipotesi (la tua mente può divagare), oppure con il cantastorie che detenendo il potere del telecomando parla e decide quanto i nostri occhi devono soffermarsi su quell’immagine marina (al 99,99%) estremamente bella e notevole solo per chi l’ha scattata.
Le fotografie ti invadono il telefono, la mail e che lo dico a fare, Facebook (alle didascalie delle foto va il mio semplice: no comment!).
Perché alla fine tutto deve essere “social” altrimenti cosa lo si fa a fare?
Non ci si chiede però se ai social designati tutto ciò interessa o è loro di aiuto.
E vogliamo parlare delle descrizioni delle vacanze? Aggettivi superlativi (assoluti), aneddoti prolissi e a macchie (“Cara qui dove eravamo? Sei sicura? Forse no qui, ma lì! Cosa dicevo?”).
Meno male che vengono raccontati anche gli aneddoti più simpatici (evviva) e quelli più strani, ma l’immancabile è, non privo di dettagli, il trittico: diarrea, vomito con o senza febbre.
La mia è volutamente una grottesca esasperazione, di chi, me compresa, comincia a non vedere più la via di mezzo.
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Ma il dovere di adesso o meglio il potere di adesso è il giudizio.
Chi ormai non sente il bisogno, anzi l’onere verso la comunità di avvertire subito il mondo di come è quella pizza mangiata in fretta e furia, mentre si è intenti a mandare sms o postare il proprio piatto su fb o meglio ancora (che stupida che sono) a fare check-in in modo che tutti sappiano dove sei (forse anche i ladri).
Soddisfazione, giudizio, gradimento, rating, graduatoria, mi piace, recensione.
Non sono troppe le parole che riecheggiano nel settore turistico e commerciale?
Tutti ci siamo elevati a giudici e oltremodo perfino a garanti in grado di dare voti a destra e manca come se poi, darli, fosse una cosa di per sé facile.
O forse lo diventa quando non gli si da il giusto significato?
Ognuno di noi è diventato un esperto: si comincia con il vino, oramai chi non è un esperto sommelier, conoscendo solamente la differenza tra un Barbera e un Sangiovese, e chi non un gourmet, non cucinando mai quotidianamente ma vedendo tutte le puntate di Masterchef!
Figuriamoci poi se non lo siamo nell’ambito vacanziero!
Chi (grazie a Dio) non può permettersi un week-end all’anno fuori porta e su questo non imprimere il suo onesto rating?
Si sa, si può scegliere di valutare in qualsiasi modo: tramite il sito di prenotazione alberghiera, tramite Tripadvisor, altri fratelli e via discorrendo.
E giù di palline, stelline, da 1 a 5 (in genere).
Oppure c’è la versione: buono, soddisfacente…
Ma se proprio non vuoi essere un giudicante da strapazzo non vuoi aggiungere qualche riga a completamento dell’accaduto, la tua protesta, il tuo sbigottimento.
Perché alla fine sei stato onesto nello scrivere che la moquette a Londra era veramente macchiata, e quel caffellatte venduto come cappuccino e pagato 3 euro a Berlino?
Tutti devono sapere…
E poi dai che acquisti notorietà che al giorno d’oggi non fa mai male…
E poi anche in tv è nato il mestiere dell’opinionista, quindi!
Noi italiani poi facciamo i sofisticati, i pretenziosi, specie all’estero.
Va da sé che le condizioni igieniche di alcuni paesi non siano apprezzate, così come la rapidità dei camerieri in altri, ma noi di queste cose ce ne intendiamo!
Mi pare però che di giudizi altrui non ne vogliamo e soprattutto abbiamo pronte una lista di giustificazioni (discutibili) ancor prima arrivi il rating.
E gli immancabili consigliatori?
“Se vai li non puoi non andare anche là”.
“Sei andata in città e non hai cenato in quel ristorante?” (occhi alla Carfagna)
Praticamente una settimana di vacanza da buttare.
E come se ci fossimo dimenticati che si usciva per stare con le persone, in compagnia si diceva una volta, e la vacanza era semplicemente un momento di svago, riposo, relazione ed emozione.
Adesso mi sembra un test da compilare, quindi attenzione a non saltare i punti!
Ho letto di recente diversi articoli sul problema delle recensioni false, scritte dai proprietari e da agenzie pagate per il “lavoro sporco“, per far salire di gradimenti e quindi in classifica la loro attività.
Ovviamente oltre a non essere né onesto né professionale pian piano andrà a discapito del valore in sé di quell’idea, di per sé ottima, che nasce per tutelare ed aiutare i turisti.
Mi metto però dalla parte di chi lavora, specie adesso, con coraggio, fatica e buone intenzioni e si ritrova segnato dalla penna rossa perché quella sera con molte persone a sedere ha tardato a riempire il cestino del pane.
Tutti ci intendiamo di tutto ma soprattutto ci intendiamo del lavoro degli altri.
IDEA: propongo un rating per tutti i mestieri, CHI ME LO VOTA?
Articolo di
Silvia Balcarini