Inutile essere di fronte all’entrata all’alba, la foto è controluce, hai perso sonno per niente.
Inutile venire qui per un giorno o due. Ci sono stata 4 giorni e secondo me non sono stati sufficienti.
Perché mi ha colpito così tanto il complesso di Angkor Wat?
Principalmente per 2 motivi.
Il primo, che in breve tempo hai la possibilità di vedere così tanti templi dal forte e personale carattere, tu non visiti ma ti immergi in qualcosa che a tratti ti inghiotte.
Il secondo, che tutti abbiamo bisogno di ascoltare storie, al pari dei bimbi. Quando si ha la fortuna di trovare qualcuno che te le racconta con il ritmo, gesti e parole giuste ne rimani affascinato e ancor di più, ciò che hai dintorno si anima come il bimbo che ricrea con la fantasia le parole in scene animate. Raggiungi il massimo quando sai che la storia narrata corrisponde alla vita degli uomini.
Angkor Wat o meglio l’entrata… è lo scatto della Cambogia, il più grande monumento religioso al mondo, entrando te ne accorgi subito, lo spazio è enorme.
Angkor Wat è i suoi piccoli angoli ancora un po’ colorati che puoi divertirti a scovare lasciando volteggiare la testa e gli occhi, invece di tenerli fissi sull’obiettivo.
Angkor Wat è i lunghi bassorilievi riguardanti episodi tratti da due poemi epici Indù. Il senso delle scene di lotta rappresenta l’eterna lotta del bene contro il male dove nonostante la cattiveria, i sotterfugi e i soprusi i buoni sconfiggono i cattivi. Una narrazione con morale per adulti atta all’educazione del popolo: comportati bene altrimenti sarai punito o tutto andrà male, segui i dettami e tutto andrà a buon fine. Insomma una parabola senza tempo che accomuna tutti.
Consigli Pratici
Fai le foto che devi fare perché uscirai dalla parte opposta.
Vestiti in maniera adeguata, niente pantaloncini e canottiere, chi controlla non ti lascerà salire al tempio, già, perché qui non si è mai interrotta la funzione del tempio; e per carità abbi con te dell’acqua, nessun venditore è presente all’interno.
Idem i bagni.
Ti dico subito che non è stato questo il tempio che mi ha emozionata di più, anzi, con il passare dei giorni, i templi più piccoli e l’acquisizione di alcune nozioni, poter riconoscere i simboli, gli Dei, le Ninfee aiuta l’occhio a marcare sempre di più i contorni. Inizi a impararne la pianta, le entrate, le biblioteche ecc…
Se sei da solo o comunque se non hai letto niente a riguardo ti consiglio di farlo, meglio ancora il giorno precedente in modo da non rinchiudere l’occhio durante la passeggiata. Non è importante quanto ricorderai successivamente ma al momento serve come partecipazione all’evento. Al contrario rischi di esserci ma di assistere lateralmente.
I viaggiatori fai-da-te si affidano per la maggior parte ai giovani e simpatici autisti di tuk-tuk, ragazzi affabili che, oltre a portarti da un tempio all’altro, ti danno qualche spiegazione ma ovviamente non possono entrare all’interno.
Oppure puoi affidarti a una guida ufficiale, hanno una camicia color pesca e molti parlano bene l’inglese e il francese. Peccato che sappiano ben poco, della loro storia, di architettura, scultura ecc… Mi raccontano che vengono formati in maniera veloce e superficiale.
Mi sorprendo subito anche per un altro particolare, questo luogo è tra i più visitati al mondo, e allora perché questa zona sembra non ne risenta così tanto da un punto di vista economico?
Bene, la società che gestisce questo ben di Dio è privata, ciò significa che l’ammontare dei biglietti va in tasche straniere. Il prossimo anno scadrà il contratto, speriamo che questo paese ce la faccia a riappropriarsi di una cosa che è di per sé sua o che riesca a trarne più vantaggio.
Io non amo il viaggio zaino in spalla tout court solo per sentirmi partecipe di una sorta di club. Per questo ti consiglio di contattare queste due persone o una di esse durante la tua permanenza in questa zona.
I mie giorni a Siem Reap o meglio ad Ankor Wat e dintorni li ho passati insieme ad Alessandro Fiorio e Gabriele Stoia.
Il primo è un signore di mezza età che partito per scrivere una tesi non è più tornato ad abitare in Italia. Con lui siamo andati a Prasad Preah Viher e Phonom Kulen. È stato per anni in Afganistan, India, Cina. Parla molte lingue, ha fatto migliaia di lavori spesso improvvisati. Certo ha il suo carattere, la sua andatura, ma riesce a conquistarti, più che come guida in senso stretto, come viaggiatore.
Ha talmente tante vite nella sua, tante vicissitudini, avventure, che il resto passa in secondo piano. Sono diversi gli episodi del suo interessante percorso che mi hanno fatto riflettere e mi hanno ricordato che si scopre di più di un paese parlando con una persona che lì c’è andata, ci ha vissuto, che guardando i tg o leggendo qua e là. Ci ha parlato in particolare dell’Afganistan in modo che pochi altri potrebbero.
La sua conoscenza è stata sicuramente un po’ contrastante ma mai banale. Il suo sito è www.alessandrocambogia.com.
L’altro è Gabriele Stoia, fuggito da una vita normale e già avviata per andarsene a zonzo. Ha scelto di andare in Asia, di utilizzare mezzi di terra, di incontrare gente nuova e differente. Durante il cammino ha imparato veramente a parlare l’inglese e ha sviluppato la sua passione, la fotografia.
Adesso è un fotografo di viaggi freelance, una guida e da poco ha aperto una sua agenzia.
Gabriele è stato il mio cantastorie appassionato, non una guida stanca di ripetere sempre gli stessi versi oramai imparati a memoria. È giovane e forse con l’età cambierà, ma adesso vale la pena conoscerlo e farsi accompagnare da lui. Avevamo fatto una lista che non è stata rispettata. Io mi sono definita lenta, lui invece interessata. Il costo del tour è paragonabile ad altre agenzie locali, forse leggermente più alto. Prendilo seriamente in considerazione.
La mia sciorinata di Angkor non è ancora finita, nel prossimo articolo ti consiglierò i templi da non perdere, ma non posso chiudere questa prima parte non ammettendo che ogni volta che pronunciava la parola Khmer a me venivano in mente Aldo, Giovanni e Giacomo!
Articolo di
Silvia Balcarini