La droga in oriente è il gioco, qualsiasi sia, dalle scommesse, ai dadi, alle slot. Me ne accorgo quando il bus si ferma, c’è il disbrigo delle formalità per la dogana Cambogia-Vietnam, grandi edifici moderni con luci e scritte inequivocabili. Il governo cambogiano sta contrastando i casinò, quindi ecco la soluzione, passare la frontiera con la Tailandia o con il Vietnam e via…
L’euro vale meno del dollaro, lo capisco pagando il visto e aspettandomi il resto. Dopo qualche minuto di bocca storta, ho un brivido strano di piacere. In barba all’andamento delle borse di cui nessuno ancora ne capisce le regole, qui hanno deciso così: ho bisogno più dei dollari americani, quindi valgono di più.
Chapeau.
Non solo. La Cambogia è l’unico paese al mondo in cui gli ATM danno dollari americani e non valuta nazionale, i riel. Provare per credere. I bancomat riconoscono la tua carta immigrata e non ti fanno prelevare ciò che vuoi tu. Avrai quindi in mano dollari soprannominati the real insieme ai riel, o addirittura insieme ai bath tailandesi, dati in resto. Ti consiglio quindi di portarti dietro un po’ di dollari anche perché le banche si prendono dai 4-6 euro per la transazione!
Sempre a proposito di soldi ti consiglio di cercare nei mercati grandi, ad esempio quello di Siem Reap dove sono stata io, il bancone del cambio. Non puoi non vederla l’enorme teca trasparente piena di banconote stese, arrotolate, provenienti da differenti parti del mondo. Una roba da matti. Io ho cambiato 50 euro.
Ti dico la verità se non fossi stata in compagnia di chi in Cambogia ci vive, non so se avrei, non tanto avuto il coraggio, ma pensato di aver capito bene cosa quella gente facesse in realtà! Ho richiesto in cambio 40 usd e 10 euro in riel. Il cambio è stato più favorevole di quello bancario.
I prezzi per turisti, sui tuk-tuk e in molti dei ristoranti sono in dollari americani ben segnalati su cartelloni e menù. Quando invece mangi per strada, oppure in un vero locale cambogiano il prezzo dovrebbe essere in riel, se ti dovessero chiedere i dollari, sii un po’ sospettoso e controlla prima di pagare.
Non sono state molte le mie tappe in Cambogia ma quello che ho visto immediatamente dal finestrino è stato l’ambiente naturale ancora più preponderante che in Vietnam. Quei panorami così saturi di verdi umidi, palme, mucche, qualche cavallo, appena fuori o dentro i centri abitati.
Qui i motorini non ci sono, sono le auto le sole a creare il traffico ordinato e piuttosto normale per i miei standard. I visi sono differenti, mi do della scema subito, ovvio Silvia siamo in un’altra nazione! I fisici degli uomini mi appaiono più prestanti, la pelle più scura e spessa, gli occhi più profondi. Non so perché, ma in diversi istanti mi pare di guardare i peruviani.
Sono più sfrontati dei vietnamiti, il tenore di voce più alto e non si vergognano a chiedere la mancia senza motivo, aspettandosi tranquillamente una decina di dollari per una conversazione di 5 minuti.
La Cambogia è una meta turistica in gran parte francese e nord europea, lo si vede dalla quantità di giovani biondini che si accalcano nei locali a bere birra in centro a Reap o in capitale. Ma questi viaggiano in solitaria o piccoli gruppi, consumano ma tengono sempre d’occhio il budget, per motivi di età e di mentalità.
Il vero succo della questione arriva sempre di più dai vicini asiatici che scoprono i fine settimana con voli low cost, bus gran turismo, i templi e gli hotel con piscina. Sono coreani, cinesi e malesi, vogliosi di elargire mance a destra e a manca. Nuove classi medie così inesperte da arrivare in aeroporto con la sedia o con il casco in testa! (storie raccontate dai locali).
La storia moderna della Cambogia pare viaggiare su di una retta, sottomissione, guerra, sottomissione e guerra, senza mai prendere una strada laterale. Prima dagli inglesi, poi colonizzati dai francesi che sì, hanno costruito infrastrutture per i loro spostamenti, ma che hanno succhiato solamente la terra, aumentato l’analfabetismo, lasciando come impronta la baguette con i sottaceti. Sperando di ribaltare una monarchia ingiusta si sono affidati ai Kmer Rossi, passando per eufemismo, dalla padella nella brace.
Al ristorante ti portano bacchette e forchette, non perché tu sia un turista, ma perché a seconda del piatto tu possa scegliere quale utilizzare. Usano molto l’aglio che rende l’odore in cucina estremamente familiare. Si mescolano anche citronella, tamarindo, pepe, peperoncino e cipolla. Acquista il pepe di Kampot, costoso ma molto aromatico.
La cucina cambogiana ha molte somiglianze con quella vietnamita, con influssi indiani, presente spesso il curry, il piatto nazionale l’Amok, ne è un esempio; l’Amok l’ho trovato anche nella versione carne.
Presente qualche nota tailandese, il piccante, il latte di cocco. Nonostante la Cambogia come il Vietnam non siano produttori di latticini e farina bianca mi è capitato di trovare i noodle come dei veri e propri spaghetti. Come in Cina e Vietnam ho trovato il tofu accompagnato nelle insalate o nei piatti di carne. Il riso è onnipresente, differente secondo me da quello vietnamita. Buoni entrambi.
La verdura sempre fresca è normalmente consumata in insalata mista, peccato che se non fai attenzione sia condita con la perfida salsina acuta di pesce. La frutta colorata e saporita non l’ho trovata ad ogni angolo di strada e mi è capitato di consumarla più spesso in succhi e frappé.
Nei piccoli supermercati ho trovato una larga scelta di marmellate particolari e di infusi, Jasmin & Co., buoni e profumati. Scaffale interamente dedicato al tè verde, difficile capire la differenza, da profana.
Ho beccato in tutti i ristori piatti con i noodle fritti, ovviamente fritto è buono tutto. Mi è capitato di mangiare più volte i gamberi o pesce con le lische, attenzione se lo ordini nelle zuppe, potresti trovarci anche la testa o qualche lisca! Se invece sei indeciso o alle prime armi, buttati sul sicuro, il Lok Lak, spezzatino saltato in padella e accompagnato da insalata, in ogni sua forma è ottimo.
È successo più che altrove di vedere in vendita vassoi di larve, grilli e ragni. Adesso sono un po’ uno snack da strada, ma è anche un retaggio del periodo di Pol Pot, dove non c’era niente di cui cibarsi. I ragni sono veramente impressionanti, grandi, neri, un giapponese assicura, ridendo, che sanno di cioccolata, dovresti staccargli le zampe e succhiarle, un po’ come i granchi, l’addome va aperto, controllato, togliendo il liquido nero che, pare sia amaro e mangiare il resto, c’è chi apprezza le uova, chi invece dice siano uno scarto.
Non sapevo che si potesse ricavare anche lo zucchero dalle palme, invece eccolo, di colore brunito, consistenza morbida rispetto a quello di canna, con un sentore leggermente caramelloso ma non così dolce. Nel caffè ad esempio ne aggiungo una metà in più al mio solito cucchiaino. Io l’ho comprato in sacchetti, ma puoi trovare anche le caramelle tonde chiuse nel particolare contenitore ricavato dalle foglie.
L’immagine che ha la nostra guida parlante francese di noi italiani è che molti viaggino in Ferrari. Dopo aver sperato di essere riuscita a farle capire che questo non è possibile sono ancora più sicura di quanto ci dobbiamo augurare che tutti in futuro abbiano la possibilità di spostarsi, viaggiare, per conoscersi reciprocamente dal vivo e non per sentito dire.
Articolo di
Silvia Balcarini