“Non mangiate nessun cibo di cui non conosciate la provenienza e non toccate nessun oggetto domestico al di fuori dei luoghi deputati ai turisti”
Giuro. È il tranquillo consiglio di un medico, che presumo non sia non solo un viaggiatore o turista ma non vada mai a cena a casa altrui o al ristorante, incontrato al mio solito stop over all’ufficio vaccinazioni.
Fosse stato il mio primo viaggio… Adesso invece mi sono scritta, malattia per malattia, il tempo a disposizione per ricorrere ai ripari, per lo meno nel caso di conto alla rovescia, se breve, avrei potuto decidere di godermi il resto del viaggio!
La zolfa delle mani, i cibi cotti e compagnia bella la sappiamo tutti, in più le guide cartacee ti elencano tutti i batteri e virus presenti in loco addizionati da percentuali e accompagnati dalle continue news di pandemie, epidemie, contagi. Anche un super-eroe si metterebbe seduto a pensare.
Vaccinata e con sotto il braccio le dieci regole famose son partita e le ho infrante tutte.
Non ho mai mangiato così spesso cibo da strada. La curiosità è lo stimolo necessario, ma stavolta sono state altre circostanze che hanno fatto sì che ci prendessi la mano.
Il cibo è sempre espresso, quindi gli ingredienti sono freschi e spesso vedi mentre il piatto viene cucinato. Gli spiedini possono essere precotti ma vengono ripassati sulla brace, le zuppe continuano ininterrottamente a bollire, l’uso della mascherina offre riparo dalle contaminazioni e persino l’atteggiamento dei vietnamiti mi ha convinto con il loro fare calmo, preciso, insomma mi hanno trasmesso fiducia, più che altrove. E poi chissà.
Ho assaggiato la qualunque, dolcetti esposti all’aria sui banchetti o trasportati nelle ceste, oppure chiusi nelle scatole. Spremute e frullati, sorbetti, ho acquistato insaccati in negozio (la conversazione con la coppia di anziani indimenticabile, il prodotto meno, troppo dolciastro e dalla consistenza molle) e poi salsicce, dolci, fritto…
La prima e forse l’unica parola che impari è Pho, zuppa; è scritta dappertutto e la si mangia veramente ovunque. Le donne spesso la preparano direttamente in strada ed è lì che la vendono. I prodotti provengono dai mercati e tutte trovano i propri clienti. Sono però solo le donne dai 50 in su che per lo più cucinano. I giovani si riuniscono e sono sempre tra le fila degli avventori.
La zuppa la si consuma anche a colazione e la si trova a ogni ora del giorno. I vietnamiti pranzano e cenano presto, spesso alle 21.30 si stanno già lavando i piatti. La pho puoi mangiarla direttamente sul marciapiede, i più attrezzati ti offrono il posto a sedere con tavoli e sgabelli delle dimensioni “scuola materna”.
Oppure puoi entrare in un locale ufficiale, con pareti aggiuntive, altrimenti in un ristorantino con una facciata più nostrana. Le zuppe sembrano tutte uguali ma ovviamente non lo sono, gli ingredienti cambiano, cambia la cuoca ecc. Le zuppe necessitano, a parer mio, un po’ di confidenza e istruzioni per l’uso, come per le polpette da noi.
La tua prima zuppa assaggiala non in strada ma in un locale ufficiale, rinomato in città, che abbia però l’entrata completamente aperta. Le dimensioni della stanza e l’assenza di cappe aspiranti fa sì che l’odore, specie in caso di maiale o pollo invada tutto, compreso te, i tuoi capelli, gola e stomaco.
Viene servita bollente con il cucchiaio. Le bacchette ti serviranno per tirare su la verdura tagliata in lunghezza e i pezzi di carne, stranamente lasciati enormi con pelle, grasso e cartilagine compresi. Io ho tenuto fermo il pezzo con una bacchetta e tolto il resto a me sgradito con il cucchiaio.
Una delle cose che ho apprezzato di più è che le salse, di soia, al pesce essiccato (bleah) o piccante sono a parte, così come erbette, citronella e amici. Il piatto quindi te lo arredi un po’ come vuoi, secondo i tuoi gusti e soprattutto mano a mano che hai imparato a gestirlo.
La cucina casalinga non ha avuto eguali, anche solo per questo dovresti farti un giro nei villaggi, credo perché la pasta dei noodles venga fatta in casa.
Il caffè, solubile (io ho trovato la mia marca preferita) o meno è molto buono. La miscela (ne hanno molte) viene messa in una specie di tazza di metallo forata con all’interno uno stantuffo anch’esso forato, riempita con acqua bollente, apposto sopra un coperchio e adagiata sopra la tazza definitiva. Con il latte condensato diventa una bevanda ottima e non stucchevole. Va assaggiato caldo e freddo, il ghiaccio è acquistato, quindi no problem. Ha note di vaniglia e cacao.
Puoi provarlo anche con l’uovo sbattuto dentro e zucchero, praticamente uno zabaione. Il caffè è spesso in bocca, più di moka meno di un espresso, per niente acidulo e per tradizione lo si beve più al sud, al nord prediligono il tè, Chay, nei bicchieri in città, nelle piccole coppette tonde in campagna, dove però ti capiterà di bere anche infusi di erbe, cortecce di alberi e verdure. Una penitenza!
Semplici i dolcetti a pasta fillo con cocco fresco grattato e sesamo, oppure quelli dalla morbida pasta, di consistenza spugnosa con un cuore di frutta secca e miele (?). Ho assaggiato anche il gelato, ovviamente non un prodotto locale ma nella versione artigianale alla frutta, slurp.
I Frittini. Pasta fritta zuccherata e non, oppure ripiena di riso dolce, i simil panzerotti ripieni di verdure e carne, tofu fritto e uovo sodo fritto!
Le verdure sono croccanti, saporite, stufate o saltate con l’olio. Zucca o bambù stufati, foglie di verdure, erbette di campo, rape.
Noodles di riso, all’uovo o di soia, larghi, stretti, rotondi o schiacciati.
Il riso cucinato rigorosamente nelle risottiere e mangiato non come accompagnamento (noi) ma come alimento principale (loro). Glutinoso ma dai chicchi rotondi a me è piaciuto condirlo con la mistura tritata di sale e pepe, il Phu Quoc profumatissimo, saporito ma delicato.
Spiedini, pollo alla brace, pollo con cedrina, maiale, manzo saltato.
Gli involtini primavera che per la cronaca non sono cinesi, composti da carta di riso, ripieni di verdure, riso e pesce e poi consumati così o fritti.
Unico difetto l’odiato coriandolo a volte presente, ma che diligentemente scartato foglietta-foglietta.
La frutta. È celebre il frutto del drago, fuori verde o rosso, all’interno bianco con semini neri, ma a parer mio niente di cui innamorarsi, così come il gambuta e il mangostano che sono simili al lichi, visivamente come sapore e consistenza.
Non so se sia riuscita ad assaggiare la carambola solitamente impiegata nelle zuppe. Il Jackfruit o giaco, simile visivamente al frutto dell’albero del pane è dolcino e asciutto, io l’ho preferito in versione essiccata e fritta venduto industrialmente come snack. Non ricordo i nomi degli altri frutti che probabilmente non hanno la traduzione in italiano. Uno simile al nostro melone giallo come grandezza consistenza e colore ma esternamente verde. Una specie di mela rossa, esternamente divisa in spicchi, dal sapore forse come una pera (?). E un’altra dall’aspetto e la consistenza di una pera verde acerba e acidula. Ottimi cocomero, banane, ananas e i pomeli che non devi confondere con i pompelmi, dall’aspetto simile ma dal gusto dolce. Infine sua maestà il Mango.
In strada è facile acquistare la frutta già sbucciata e tagliata a pezzetti confezionata nei sacchetti. Ottima comoda ed esteticamente l’ananas è bellissimo.
Ho assaggiato anche il durian. Puzzare puzza, (di piedi?) ma sarà stato il pregiudizio che lo precede, il fatto che fossimo all’aperto e che mi trovassi a circa due metri non mi ha colpito più di tanto. Il sapore è assurdo, al contempo di cipolla e di crema pasticcera, anche nella consistenza vellutata, cremosa e soda. In bocca si forma così una specie di semaforo, rosso, verde, rosso, verde, sta un po’ a te decidere da che parte stare!
Il pesce: mi è mancato un po’ solo qualche gamberetto secco e poco altro, niente che abbia allarmato il mio palato.
Non mi piace mai dare info sui prezzi , è sempre un rischio, indicativamente ti dico che per una zuppa puoi spendere tra molto meno di un $ e quasi un $ (con il cambio a meno di un euro) mangiata all’aperto o in un localino, in quest’ultimo accompagnata da una bottiglietta di acqua ho sempre speso 2 usd. Cena in un localino familiare o per locali compresa la birra, a volte dolce e caffè da 3-4 usd. Cena in un bel ristorante per turisti, compreso aperitivo, ottimo servizio, senza vino, ma in questo caso più mancia dai 18 ai 25 euro.
In pratica il Vietnam non l’ho visitato: me lo sono magnato!
Articolo di
Silvia Balcarini