Per lavoro racconto luoghi, prodotti e suggestioni ma raccontare di me diventa a volte difficile. Cristiano mi ha chiesto di parlare di una piccola guida che ho deciso di far uscire prima di Natale, un insieme di riflessioni su una nuova forma di turismo che ho chiamato “turismo consapevole” e che puoi scaricare liberamente grazie a una condivisione su Facebook o su Twitter. Ho deciso di raccontare questa idea, parlando attraverso domande e risposte.
Da dove nasce l’idea di un nuovo tipo di turismo?
Da lontano, ancora prima che diventassi un blogger di viaggi. Il mondo sta cambiando e nonostante la paura, se non il vero e proprio terrore, che si cerca di diffondere, è in corso una trasformazione epocale. Tutto ciò che non funziona, dal modo di educare a quello di lavorare, dagli approcci terapeutici alle religioni, fa sempre più fatica a rimanere in piedi. Il turismo, che in fondo si occupa di cambiamento – il viaggio è per definizione una trasformazione – deve, secondo me, rispondere alle esigenze di tutto coloro che si muovono nel mondo per trovare delle risposte a orizzonti che stanno cambiando forma velocemente.
Perché è un turismo consapevole?
Il nome nasce dai miei percorsi esistenziali, in fondo dei veri e propri viaggi, dove l’esterno, i luoghi, si è spesso intrecciato con l’interno, le mie idee, le mie emozioni, i miei bisogni. La consapevolezza è la qualità di chi è cosciente di quello che desidera, di ciò che lo spinge a fare una cosa piuttosto che un’altra, delle proprie paure, barriere o schemi ma anche dei propri sogni. Spesso è un punto d’arrivo, dopo lunghi anni di ricerca. È un nome che nasce anche da una mancanza, dal fatto di non trovare una forma di turismo che non fosse solo rispettosa, responsabile dei territori e delle culture ma che parlasse anche alle persone come me, che vogliono viaggiare essendo consapevoli dei prodotti con cui fanno colazione ma che vogliono anche raggiungere una maggiore consapevolezza di se stessi.
Un turismo di nicchia per giovani fricchettoni o ricchi annoiati?
Ricordo un passaggio in un libro di Tiziano Terzani in cui lui stesso racconta del suo contatto con la meditazione e la spiritualità dell’Oriente, dopo averli snobbati per anni, considerandoli una cosa per giovani hippy che lasciano casa e cercano qualcosa di forte in cui trovare rifugio. Ammetto di aver pensato la stessa cosa per anni, poi diverse esperienze personali mi hanno fatto capire che al di là dei facili sensazionalismi, del new age o delle fughe dalla realtà, esiste un mondo antico che però è capace di parlare a noi contemporanei e di farlo in modo semplice. Sempre più persone, di ogni età o estrazione sociale, si avvicinano allo yoga, al tal-chi, alla meditazione mindfulness e a decine di altre pratiche, senza per forza vestirsi con tuniche arancioni e fumare marijuana, anzi, cercando di portare consapevolezza nelle loro famiglie o nei luoghi di lavoro. Il turismo consapevole è in qualche modo dedicato a questa umanità che si riappropria di sé dopo un lungo sonno.
Qual è il ruolo del blogger in questo turismo?
Non nascondo che ho scritto questa piccola guida anche per rispondere a una domanda che mi stavo facendo da un po’ di tempo. Il blogger è un intermediario, un professionista che vive una situazione e la trasmette, se è consapevole di se stesso e dei dettagli che incontra, potrà veramente raccontare quello che io amo definire lo “spirito dei luoghi”. Per fare questo, magari dovrà rivedere l’iper connessione al proprio telefono, perché la consapevolezza passa anche per un uso diverso della tecnologia, attraverso quello si chiama “digital detox”, dove più del 4G si cerca la connessione con se stessi e con ciò che ci circonda.
Per rispondere meglio, lo faccio attraverso alcune righe del mio testo:
“Il blogger sarà un ricercatore che raccoglie storie ma anche visioni e le diffonde. Un ponte tra cielo e terra.
Un paese lontano, oltre le palme e le barriere coralline, oltre i vecchi resort, antiche esperienze di cura che danno valore agli abitanti e ai viaggiatori. Il blogger racconterà a chi resta a casa, che il mondo è una rete di persone in un cammino comune.
I racconti non servono solo ad intrattenere, servono a dipingere mondi che prima non c’erano o non erano visibili. Il blogger è un cantastorie, che evoca magie.”
Non vorrei aggiungere altro, ti invito solo ad andare a leggere questa guida, che non è un punto di arrivo ma solo l’inizio di un percorso a cui spero possano contribuire tutti i viaggiatori che vogliono partire per un viaggio vero, nei luoghi ma anche dentro se stessi.
Articolo di
Luca Vivan