Vivo il mare da quando sono piccolo.
La spiaggia, l’orizzonte che si perde in lontananza, il profumo di resine e sale mi accompagnano dai primi mesi di vita. Poi sono venuti i viaggi, forse spinti dalla curiosità per quel confine blu che vedevo dal bagnasciuga, il desiderio di scoprire cosa c’era al di là.
Il mare, come le vette, sono luoghi che sembrano vivere non di per sé ma per quella spinta verso l’esterno, verso i mondi che promettono. followgrado tbnet
Grado ti mostra subito la silhouette di coste e colline, del Carso e dell’Istria, scorci, a volte molto nitidi, specie dopo che ha soffiato la Bora, di Trieste, della Slovenia e della Croazia. Sono pochissime le spiagge dell’Adriatico in grado di offrire questo anfiteatro, contorni e richiami che come un magnete ti spingono nel lungomare al mattino presto, a camminare o semplicemente a stare fermo ad ammirare il sole che si alza e le barche di pescatori che raccolgono il mare.
Un microcosmo completo, ecco cosa sembra questa piccola isola, un mondo a sé che ti accoglie con un lungo ponte che taglia la laguna, con le sue isole e i suoi casoni, poi il suo centro romano, paleo-cristiano e veneziano, che pare sfociare sulla costa e salpare da lì per l’infinito. I luoghi di mare, specie nell’alto Adriatico, sono di solito una spiaggia con numerosi palazzi costruiti dopo il boom economico, ideali per rilassarsi ma spesso limitanti per chi è più curioso.
A Grado invece, basta voltare le spalle alla costa e addentrarsi negli stretti vicoli, per dimenticare ombrelloni e ressa, mentre il campanile della basilica di Santa Eufemia sembra fare da guardiano.
La Città Vecchia ricorda Venezia, città profondamente legata a quest’isola, tanto che il suo primo Patriarca aveva sede qui, prima di spostarsi nel sestiere di Castello, dove c’è l’Arsenale. Tra le calli si passeggia con l’occhio che cerca i dettagli di un balcone o l’offerta ad un santo, con il naso che sente l’avvicinarsi del pranzo, grazie al profumo di soffritto che esce da una finestra aperta, dove magari si prepara il boreto, la tipica zuppa di pesce gradese.
Bastano pochi passi e si arriva in laguna o al mare ma è bello rimanere qui a gironzolare senza meta, entrando nelle due basiliche con i loro antichi mosaici e i loro echi di Oriente, osservando la gente che esce da messa, per poi ripartire. Tra queste case addossate le une sulle altre ho avuto la fortuna di incontrare un artista locale, Dino Facchinetti. Il suo studio è pieno di corde e immagini di pesci, sembra quasi l’interno di un’imbarcazione, d’altra parte come può una persona dotata di sensibilità e temperamento artistico rimanere indifferente all’elemento che più definisce questa città?
Ecco allora la mano di Dino disegnare su un foglio bianco una barca che ricorda Grado, mentre parla dell’arte, della capacità di penetrare lo spirito dei luoghi, ognuno con i propri talenti, per arrivare al cuore delle persone. Sono parole che toccano le mie corde sensibili, perché sono quello che io cerco di fare con i miei modesti mezzi.
Esco da questo incontro ispirato, un po’ più ricco, così prima di partire decido di terminare il mio vagare nel centro storico, alla Casa della Musica, ultimo lembo del passato prima della zona degli hotel e degli edifici moderni.
Anche qui mi accoglie l’arte del mare: scorci di laguna infiammata dal tramonto, barche di pescatori nel buio della giornata che deve ancora iniziare, un legno simile ad un relitto sulla spiaggia, sono le opere del fotografo e pescatore Roberto Camuffo che mentre va per mare, raccoglie pesce ed istantanee di un mondo sempre più raro, così diverso dall’allegro frastuono dei turisti che approfittano dei primi tepori per passeggiare o invadere pacificamente la spiaggia.
Lascio Grado percorrendo il lungo ponte translagunare, getto un’ultima occhiata ai palazzi che si allontanano, alle precarie costruzioni di legno e canne su piccoli isolotti, osservo il volo di un uccello mentre si avvicinano la campagna e le montagne.
Sono pochi chilometri da casa, eppure mi sembra un altro mondo che fatico a lasciare. La fortuna di un viaggio è però sapere che potrò sempre tornare, rivivendo i luoghi con la memoria e scrivendo queste poche righe, sperando di aver un poco scalfito l’anima di Grado, quella più antica e nascosta, quello spirito che se ne va a spasso tra le sue antiche calli e nelle botteghe di qualche artista, che raccoglie poesie e immagini dalla laguna e dal mare.
Articolo di
Luca Vivan