In Botswana più che altrove la Natura sembra l’immagine mentale portata in terra con la copia carbone. Per adesso, non ho conosciuto nessun’altra terra madre con un così forte fracasso notturno. Esso è parte del viaggio, non tornare senza averne avuto timore per l’intensità, l’eco e l’ignoto.
Non tornare senza aver sorvolato la savana per raggiungere, come è successo a me, un campeggio nascosto nella vegetazione il cui padrone indiscusso è un elefante. Scuote così forte gli alberi da renderli leggeri come l’erba, si fa spazio in lungo e in largo. È lui che ha la precedenza e questo significa ritardare il giro in Mokoro e attendere al bar in compagnia di magnifici ed enormi pipistrelli locali.
Non tornare senza esserti seduto in una sedia da regista pieghevole, intorno al fuoco, sotto le stelle che ti cadono addosso. Oppure senza aver brindato al tramonto. Non c’è nessuna altra birra in nessun altro locale alla moda che dia lo stesso piacere.
Impossibile un viaggio in Botswana senza uno o più giri in Mokoro, la tipica canoa del Delta dell’Okavango guidata solamente con un remo, una sorta di gondola africana…
Sappi che agli ippopotami non importa che sopra di loro stia passando una piccola imbarcazione…
Non tornare senza aver partecipato ad un bird waching, meglio se nel Nata Sanctuary, ad un game drive notturno, ad un safari a piedi.
Quando si può definire un luogo la valle dell’Eden? Dappertutto, nei parchi nazionali, si possono vedere gli animali, ma questa sensazione io l’ho provata soltanto durante i game drive nella Moremi Game Reserve. In terra, in acqua, in cielo, ci sono uccelli, mammiferi, anfibi, carnivori, erbivori, pachidermi, proboscidati, sauri, testuggini. Ovunque volgi lo sguardo i colori delle pellicce cambiano, così come i loro disegni, i piumaggi, le pellicce, le dimensioni, il sesso e l’età.
Mandrie di elefanti, file di zebre che con le loro macchie colpiscono l’occhio continuamente e continuamente lo stupiscono. Sono gli uccelli, tanti, diversi, colorati oppure no. Spesso serve il binocolo per osservarne i dettagli e ancor più spesso non si riesce a scovarli velocemente utilizzando quel cavolo di marchingegno arcaico nelle nostre mani, adesso capaci solamente, di sfiorare bottoni inesistenti.
Eccole lì le bocche aperte degli ippopotami, i leoni assonnati, i suricata curiosi, i Nyala pelosi, i roana puzzolenti. Non è possibile contare il numero dei branchi di gnu con la loro faccia buffa e scemotta o quelli degli impala che saltano, delle ragnatele così enormi da sembrar tende.
Impossibile tornare senza aver varcato il Parco Chobe che offre ben quattro ecosistemi differenti: Serondela (o Riverfront) Savuti, Linyanti e Nogatsaa/Tchinga.
Il primo è il più famoso e turistico. Il mio consiglio è quello di non escludere anche gli altri. La zona delle paludi Linyanti può essere goduta anche dalla confinate Namibia, a prezzi più accessibili.
Ed è qui che si partecipa al classico giro in barca, al tramonto. L’attraversamento di un gruppo di elefanti sembra organizzato a tavolino. Due piccoli escono dalla fila, giocare in acqua è più interessante che seguire il branco. Ma ecco che l’adulto si avvicina, gli dimostra autorevolezza e rimette in riga il gruppo, perché è quello l’elemento più importante.
La sera seguente torno di nuovo sulla barca calma, nessun attraversamento.
Ti presento la Natura.
Articolo di
Silvia Balcarini