Vorrei lasciare i dettagli, quelle informazioni che puoi trovare ovunque, perché sto per parlarti di due luoghi famosi e che sono fatti più di sensazioni, di emozioni, che di date e di dati.
Si inizia allora a scivolare nella costa, tra le palme a fare da confine tra il lento degradare degli Appennini che si sciolgono in colli ed avvallamenti che regalano quiete e incantano, tra il vasto mare che sembra non finire mai.
Quasi senza accorgersene la macchina si arrampica su una collina e si inizia a scorgere la maestosità di un edificio fuori dall’ordinario, anche se il suo vero tesoro è interno e celato alla vista.
Si cammina e dopo un viale, il piccolo borgo si espande in un colonnato e una chiesa imponente, bagnata dal sole, la Basilica della Santa Casa di Loreto.
Tra Rinascimento e fortezza, la chiesa accoglie milioni di visitatori ogni anno e da secoli è stata un faro proiettato nell’Adriatico a cui pellegrini giungevano avendo percorso le strade della devozione di mezza Europa.
I luoghi sono magici o lo diventano non certo perché qualche ente li rende tali, perché degli esseri umani lo certificano, colpiscono e lasciano un segno per qualche motivo che la ragione non può comprendere ma forse solo accettare. Lasciando la ricchezza evocata dalle pietre, dalle pitture e dagli incensi il moderno pellegrino arriva di fronte a una costruzione di marmo che dentro racchiude delle semplici mura di mattoni e malta, nel cui stretto perimetro, oltre la religiosità dalle mille lingue, avverte qualcosa che lo confonde e lo disorienta.
La Santa Casa può non essere arrivata in volo portata da degli angeli ma racchiude un’atmosfera suggestiva che stento a racchiudere tra queste righe. Vale la pena entrarvi e chiudere gli occhi, non importa quale sia il tuo credo, la magia non conosce separazioni e distinzioni.
Il sole intanto scivola dietro i colli, tingendo di nero la terra e creando silhouette in cui si intravedono borghi secolari e campi, è tempo di ripartire e di scendere verso il mare, di avvicinarsi a quel monte là in fondo.
Sto ritornando a un luogo che amo e solo evocarlo fa salire al cuore ricordi e scorci, di mare e terra, di bellezza e quiete.
Tra la pineta e la costa vuota di turisti, una strada bianca conduce verso una luce che invita ad entrare. Santa Maria di Portonovo, quasi in bilico sugli scogli, sembra un rifugio per chi viene dal mare e cerca asilo nella sua notte. Le pietre bianche, l’interno spoglio, il fascino del Romanico, l’essenzialità di ciò che è bello e nella sua semplicità colpisce più di mille decorazioni.
Presto lascio le parole della guida per perdermi nei dettagli delle colonne o delle mura per poi vagare e ritrovarmi a pochi passi dalla spiaggia mentre le onde cantano la loro musica, il ritmo delle maree che come una ninnananna invita a lasciar perdere tutto e immergersi nella vastità della vita.
Nell’oscurità del mare e nei contorni sempre più imprecisi del monte Conero capisco la preziosità di questa chiesa, parte di un più vasto complesso benedettino ora scomparso e immagino la ricchezza di quei monaci il cui sguardo andava verso il mare e poi verso la montagna, il cui udito era incantato da queste onde. Forse questo paesaggio dell’anima li aiutava a entrare in contatto con una dimensione più profonda, come lo fa tuttora.
La notte è arrivata e il desiderio più forte è quello di rimanere qui, di respirare il mare e di sentirlo cantare fino ad intuire il sorgere del sole, di vederlo illuminare piano piano le pietre bianche ed antiche di questa chiesa e allora, come un pellegrino, riprendere il cammino dopo una silenziosa preghiera alla costa bagnata dal rosso, il viola e l’azzurro.
Articolo di
Luca