La voglia delle tombe Licie me la sono tolta passeggiando nel selvaggio sito di Pinara dopo aver fatto una piccola sosta marina sulla spiaggia di Oludeniz (attenzione è sassosa, per i miei piedi servono le scarpette, la parte in fondo alla baia è a pagamento, ci sono però i servizi, comprese le docce e il parcheggio. L’acqua è meritevole).
La strada per raggiungere il sito di Pinara non è asfaltata, occorre guidare lentamente ma niente paura, fermati solo quando sulla destra ti appare un gabbiotto con delle panche, è la biglietteria. Ti diranno di proseguire più in su, io sono arrivata all’altezza del teatro e ho perfino tentato di proseguire ancora più in alto per raggiungere la vetta della collina, ma qualche tornante dopo ho cambiato idea, la strada era troppo sconnessa. Insomma, vedi tu.
Il sito di Pinara merita di essere conosciuto. È bella l’ambientazione sparsa per colline in un inalterato panorama. È piacevole perché non ci sono pullman, di conseguenza, sarai in compagnia solo di qualche turista. Peccato sapere dal bigliettaio che è difficile vederne di italiani. È appagante il giro a piedi. Segnalato solo all’inizio ti permette di tirar fuori dallo zaino il costume da esploratore senza però doverti mettere in pericolo.
Le tombe sono sparse qua e là, non se ne vedono molte all’inizio, appaiono all’improvviso, via via che si sale e si devia sui sentieri o quando la nostra vista diventa più aguzza. In alcune puoi anche entrare, ce ne sono di più grandi e di più piccole, più o meno decorate o rifinite. I sentieri laterali sono diversi, i turisti passando li tracciano un po’ ovunque, si cammina tra sassi e arbusti invadenti. Niente di fastidioso o che dia una cattiva sensazione. Al contrario, l’ambiente appare incontaminato. Il giro finisce quando ne hai abbastanza.
I cartelli turistici in Turchia (quelli marroni!) sono presenti e ricorrenti, va da se che se hai come me noleggiato l’auto e vai alla “Dove ti porta il cuore” puoi deviare quando vuoi.
È il caso di Letoon. Questo sito è proprio una sosta per sgranchirsi le gambe ma anche qui si può scorgere qualcosa che altrove non c’è.
Dispiace accorgersi che la strada decorata che porta al sito, augurio di un grande afflusso di gente, non serva a un granché. Il teatro non è male ma diventa tralasciabile se hai già visto altrove pezzi migliori. L’interno offre una serie di capitelli scolpiti, al centro un tempio, ma la cosa che lo rende esteticamente attraente, per i non addetti ai lavori, sono gli scavi immersi nelle pozze d’acqua dalle quali fanno capolino le tartarughe.
Se ti trovi qui al tramonto alla fine saranno foto d’effetto.
Più grande invece il sito di Xanthos (KiniK).
Arrivata a destinazione mentre la biglietteria abbassava la serranda ho potuto visitarlo gratuitamente. Anche qui il risultato è amplificato dalla collocazione decentrata e naturale (la mia guida è stata un cane omaggiato con dei crackers) e ovviamente, nel mio caso, dalla luce del tramonto.
Dal parcheggio attraversa la strada e proprio di fronte a te vedrai un pilastro funebre licio alto 5 metri e finemente decorato. Il fiore all’occhiello del sito. Dietro il teatro si trova l’acropoli che puoi tralasciare, mentre devi proseguire in avanti, avendo dietro il pilastro funebre e, alla fine dei reperti, troverai una grande stele completamente ricoperta di iscrizioni in lingua licia con alcuni versi in greco. Strano che non si trovi in un museo.
Torna al parcheggio e dall’altro lato è ben conservato il Decumano, in fondo, se vuoi, puoi girare a destra, ci sono i resti di una basilica. Ti consiglio invece di non salire sul colle, non c’è niente da vedere se non con la fantasia.
Articolo di
Silvia Balcarini