Un territorio ondulato, dove gli occhi si sfamano di un susseguirsi di valli e colline, di borghi che si arrampicano su di essi salendo da campi di grano, girasoli e ulivi è un paesaggio che calma la mente e invita a rallentare il proprio passo. Le Marche accarezzano chi come me è abituato alla pianura o all’asprezza delle montagne, mentre i suoi paesi fatti di vecchi mattoni che sembrano esistere solo qui, sussurrano di altre epoche, lontane dalla confusione e dall’eccesso.
Tra strade che percorrono valli quasi deserte e boschi, nell’Appennino umbro-marchigiano, non lontano da Fabriano e dal confine con l’Umbria, mi trovo nel tardo pomeriggio nella piccola piazza di Sassoferrato. Mi assale subito la quiete, quel dolce torpore che invita a star seduto fuori da un bar e vedere la vita passare o a camminare tra i vicoli che salgono e scendono, gettando occhiate a palazzi e chiese quel tanto basta per farsi prendere dalla curiosità di sapere.
Il borgo è piccolo e sembra isolato dalla grande storia delle pianure o della costa ma sa offrire un’infinità di racconti e leggende racchiusi tra luoghi antichi e riportate alla luce dai suoi abitanti. La magia di questa terra è proprio in luoghi così raccolti dove dietro ogni pietra ci sono voci che raccontano il fascino delle epoche passate, che si mescolano a quell’atmosfera che è come il carattere di una persona, quello che io chiamo lo spirito dei luoghi. Quello di questa regione ha il profumo della terra ma anche della lunga storia che l’ha percorsa.
La voce di questo racconto è un abitante del paese, Edgardo che riesce a non stancare mai il suo pubblico, recuperando dalla memoria continue informazioni che ti colpiscono e ti fanno voglia di scoprire sempre di più. Io che spesso mi annoio nei musei o nelle chiese, vengo rapito dalla sua passione per i luoghi che conosce così bene.
La sua preziosa conoscenza mi guida nel medievale Monastero delle Clarisse di Santa Chiara, che dispone anche di una foresteria aperta a tutti e soprattutto a coloro che vogliono vivere la dimensione del silenzio e della meditazione.
La stanchezza del viaggio, il pomeriggio che diventa sera, con il buio che invade la piazza fuori dal ristorante dove sto cenando cedono velocemente al desiderio della scoperta e del mistero che Edgardo insinua con battute e aneddoti intriganti. In compagnia di un suo amico che conosce bene la storia del paese, mi porta fuori dal centro abitato, verso una stradina dove sorge un edificio tozzo e austero, mi fa cenno di seguirlo dentro una porta aperta che getta la sua luce nella notte. Tra mura possenti entro in uno spazio che subito mi avvolge in una sensazione particolare, forse è la notte, il silenzio, le luci che lasciano ombre nel silenzio del luogo ma è come essere entrati in una dimensione diversa dall’ordinario.
Mi accolgono simboli e pietre che Edgardo e il suo amico raccontano con ricchezza di particolari.
La chiesa dell’Abbazia di Santa Croce racconta di un passato antecedente al cristianesimo. Qui sorgeva infatti un tempio dedicato al dio solare Mitra e andando al piano superiore se ne trova una traccia su una piccola colonna. I capitelli stessi in cima alle grandi e spoglie colonne romaniche parlano il linguaggio dei simboli e del mistero, così come un affresco che ritrae l’apostolo Tommaso, che nella sua opera di evangelizzazione si spinse fino in India.
È la croce templare che mi accoglie all’inizio a rivelare che questo luogo era legato all’ordine monastico di cui si raccontano numerose leggende e che pare fosse stato in stretto contatto con i saggi arabi ed ebrei, con l’alchimia e la magia del Medioevo. Ancora oggi qui si ritrovano per delle lunghe veglie notturne i Templari legati alla chiesa cattolica. Di qua passarono imperatori tedeschi, Napoleone e Mussolini, attratti da qualcosa che non è trapelato nella storia ufficiale e ora la chiesa, a lungo rimasta chiusa, accoglie persone diverse che qui dicono di percepire un’aura particolare, un’energia che sembra concentrarsi in alcuni punti della sua struttura.
Edgardo spinge la mia curiosità e la circonda di dettagli sull’architettura e la storia conosciuta lasciandomi la convinzione di essere entrato in un luogo poco comune, il cui fascino è per fortuna tornato alla luce dopo un lungo oblio.
La notte circonda Sassoferrato, un silenzio profondo nei vicoli che percorro per andare alla foresteria delle Clarisse, gli occhi ancora pieni della luce bianca della pietra di Santa Croce, e di quel mistero che nasce nei luoghi appartati e fuori dal mondo, dove la quiete induce al ritiro e al viaggio verso dimensioni poco conosciute.
Articolo di
Luca Vivan