Si atterra in capitale a Windhoek (Uindoc, è la pronuncia), a me e alla mia ciurma è servita solo per provare la guida a sinistra, incroci, rotatorie, quindi non so dirti cosa si può vedere o dove andare, il solo ricordo sono le piccole dimensioni, l’architettura e l’aria tedesca, che poi caratterizza tutta la Namibia.
A cena ci siamo rifocillati con coccodrillo alla brace e sacher torte (facendo i fighi un menù fusion: coloni e colonizzati).
Ricorda che oltre a non essere opportuno viaggiare di notte (le strade non sono illuminate), i parchi non fanno più entrare dopo il tramonto.
La segnaletica stradale è ovunque presente, visibile ed accurata.
Prima d’imboccare la via principale rifornisci la cambusa in un market.
A chi piace (vale la pena assaggiarla) carne secca il Biltong (con o senza aromi) di Kudu o manzo, poi biscotti confezionati, frutta, crackers (ci sono), acqua (ti suggerisco di prenderne di più formati, se lo trovi quello da 6 litri, bottiglie da 1,5 litri e quelle da mezzo litro, le utilizzerai a seconda dei casi), pane che praticamente è una sorta di pan carré gigante che puoi tagliare, attenzione, fuori la porta del supermercato; un marchingegno, (ovviamente sterilizzato) taglia istantaneamente le fette tutte uguali.
Se all’ora di pranzo trovi un altro alimentari (ci sono quelli dei distributori di benzina) prendi qualche busta di pseudo prosciutto cotto e formaggio già tagliato a fettine e sottovuoto e il toast “non cotto” on the road è pronto.
Postilla: i biscotti ovviamente molto tedeschi, ci sono quelli al burro, al ginger, e alla marmellata di ciliegie e di arancia. Io ho apprezzato.
Ma adesso in strada, mancano 374km…
Peccato che abbiamo già forato!
E allora via, la ciurma di alto livello al ritmo di Benny Hill (la musichetta la ricordi?) provvede al misfatto, si pulisce le mani con una salvietta e rimonta in auto come se niente fosse successo.
Attraversamento facoceri è uno dei tanti curiosi e appropriati cartelli che leggi per strada, qua e là coni alti più di un metro nascondono formicai, sugli alberi nidi di uccelli tessitori, al lato famiglie di struzzi in fila indiana, insomma su questa via apparentemente desolata si fanno avanti i suoi autentici abitanti.
Eccoci al Waterberg Plateau Park: prima tappa.
Dalla terrazza del nostro bungalow qualche uccello dalla cresta rock e dai colori esuberanti, dietro la nostra auto alcune antilopi, poi come vuole il rito, trekking solitario per raggiungere la cima dell’altopiano: la savana non finisce dove termina lo sguardo, doveva essere così il mondo prima dell’uomo.
Nonostante il nostro game drive mattutino e organizzato non sono molti gli animali che scorgiamo benché il parco sia utilizzato per il ripopolamento di diverse specie.
Qui si va a letto presto, allo scoccare delle stelle, non prima però di aver cercato le più famose, è per questo che il mattino ha un altro sapore, figlio del sonno profondo e rigenerante.
Dopo una copiosa colazione tedesca, il cammino ci riprende.
***
Il prossimo stop è all’Etosha Park, il celebre parco della Namibia.
L’area circonda una zona enorme di deserto salino costituito da sabbia e ghiaia, detta Etosha Pan, lo riconoscerai.
Ti consiglio di dormire all’interno del parco, nei campi recintanti, ogni giorno puoi addentrarti nelle strade del parco e procedere in direzione del campo successivo, ce ne sono 3 (Namutoni, Halali, Okaukuejo) che tagliano in due l’Etosha.
Gli animali si muovono, gli avvistamenti cambiano, avrai più possibilità di vederne.
Tutti i campi chiudono al tramonto ma hanno all’interno: un market, un distributore, un’infermeria, un ristorante (colazione/pranzo/cena) e le zone di pernottamento (si va dai più “lussuosi” chalet, ai bungalow con o senza cucina, alle camere con bagno in comune, al campeggio).
Nota: per i clienti self-drive non è possibile prenotare i pasti.
Dai sempre uno sguardo prima di uscire dal campo al libro giornaliero degli avvistamenti, sono segnati i movimenti dei predatori (ti auguro di poter apporre il tuo inchiostro là sopra!).
Non sono presenti all’Etosha gli ippopotami, i bufali, coccodrilli, scimmie e sono pochissimi sono i rinoceronti neri.
Inoltre all’ingresso dell’Etosha puoi ritirare la mappa, ricorda comunque che il parco è ben segnalato in ogni sua parte, la velocità è di 50km/h max per non disturbare gli animali e attento a non fare partenze o frenate brusche, schiamazzi, richiami di nessun genere.
Ad eccezione delle pozze è sempre vietato scendere dall’auto, occhio, gli animali se vedono la macchina per la sua interezza ne sono indifferenti, mentre se metti la testa fuori da finestrino o addirittura esci dal mezzo ti riconoscono come uomo.
Sii prudente quando sei vicino agli elefanti, non spegnere il motore e non passargli troppo vicino, dai loro sempre la precedenza, sono i meno amichevoli e possono fraintendere il tubo del tuo obiettivo con quello di un’arma.
Te ne accorgerai da solo!
Si sa, vedere gli animali è sempre una questione di fortuna, ma la fortuna va anche stimolata.
Sicuramente le possibilità aumentano se intraprendi il viaggio durante la stagione secca, l’assenza d’acqua li costringe ad abbeverarsi alle rade pozze rimaste, quindi aspettando al varco, arriveranno da soli!
Ciò nonostante ogni luogo, stagione, parco ha una storia diversa, la primavera ti dà maggiori probabilità di vedere i cuccioli in uno scenario diverso, quello della savana verdeggiante!
Io ho fatto una full immersion di 3 giorni, vale a dire colazione e via uscire per il game drive rientrando soltanto prima del tramonto.
I calar del sole saranno una trait d’union del viaggio, che tu sia accomodato sulla torretta del Namutoni camp o con le mani al volante e in ritardo per il rientro in guesthouse, finalmente in relax su una sdraio; qui le sfumature del cielo si vedono tutte, in lungo e in largo, non c’è niente che le fermi e che ne alteri il loro fervido colore.
La sensazione a volte è di piacente oppressione, il cielo ti sfiora la testa!
Qui, al contrario di altri parchi ad esempio, ho visto parecchie varietà di animali e in ricche quantità: non solo branchi di elefanti e gruppi di giraffe, ma “mucchi” di zebre e impala, famiglie di facoceri e struzzi e ancora Kudu, antilopi, sciacalli, uccelli di ogni colore; alla fine sembrava ci fosse un sovraffollamento!
Oltre a ciò molte delle bestiole erano così vicine che avrei potuto toccarle solamente mettendo la mano fuori da finestrino!
L’Etosha Park ha un ulteriore merito che aggiunge valore a un viaggio in Namibia.
I suoi accampamenti pubblici sopracitati possiedono tutti delle pozze artificiali e illuminate per l’osservazione notturna.
Attenzione non sto parlando di riserve private ma dei campeggi all’interno del parco pubblico!
In nessun’altra parte di Africa che ho visitato mi è capitata una cosa simile! (se qualcuno lo sa prego di avvertirmi!)
Non riesco a trovare l’aggettivo per descrivere la sensazione che si prova quando, dopo una giornata in savana, finita la cena e rilassati dalla doccia, si ha la possibilità, non solo di conversare con gli altri seduti sulle panchine o su dei gradoni, ma di bearsi ancora dell’avvicinamento di un orice impaurito, di una mamma rinoceronte che difende se stessa e suoi piccoli dall’invadenza di un maschio e di un elefante infastidito (come sempre…).
Si può raggiungere il culmine ascoltando lo scalpitio vertiginoso di alcune “stanghette” in lontananza, sono sicuramente delle giraffe ci diciamo, gli animali corrono via dalla pozza, la polvere viene alzata in aria, si odono versi di animali, irriconoscibili e invisibili con questa oscurità, ma è l’impensato suono simile a uno tuono e vibrante nello stomaco che ci sconquassa: Il ruggito del leone.
La mattina la naturale conferma, la giraffa ormai ridotta a una carcassa è il pasto degli spazzini sempre tenuti sotto stretta sorveglianza dal re della savana.
Articolo di
Silvia Balcarini