Il suo nome significa “foresta delle Cassie“, è Guilin.
Il paesaggio naturale di Guilin è formato da colline “a Pan di Zucchero” di origine calcarea e ornate di ricca vegetazione subtropicale.
Praticamente il tipico paesaggio cinese riprodotto su stampe e dipinti.
La cosa originale è la presenza di queste colline sparpagliate qua e la, anche in città: di notte si mostrano irraggiate da potenti fari posti alla loro base.
Il centro città e in particolare l’area pedonale assomigliano a una Forte dei Marmi (sul fiume) con annessi e connessi.
Vien da sé fare due vasche all’uscita dal ristorante o finire la giornata conversando in un caffè.
Attenzione a dove ti infili però, qui i prezzi possono essere europei (o del Forte!).
Annota: ore 21.30 appuntamento all’hotel Cascata proprio all’inizio della strada pedonale fronte lago. Vai dietro, al lato opposto all’entrata dell’hotel. Capirai da cosa deriva il nome (questi sono tutti matti!).
Prosegui la passeggiata per il giardino che costeggia i laghi (naturali e non) che ospitano moderne e rischiarate pagode, il percorso è rilassante, molte le persone che si ritrovano per cantare assieme, per recitare e per amoreggiare.
Anche gli alberi che ti accompagnano sono minuziosamente irraggiati di colore verde.
Si alternano: ponticelli, panchine, terrazze; tutto piacevole, ben tenuto e stranamente non chiassoso.
Già sufficientemente rilassato? Imbocca la Zhongshan, viale enorme e lunghissimo caleidoscopio di luci, auto e cibo.
A Guilin si viene (e tutti ci vengono!) per la crociera sul placido fiume Li o Lijiang.
Hai 2 possibilità: la classica crociera in partenza da Zhujiang con pranzo a bordo, arrivo a Yangshou e ritorno in bus.
Oppure le piccole e tradizionali imbarcazioni senza bagno (la crociera dura 5 ore) con la possibilità di approdo in piccoli isolotti per ristorarsi.
Io ho optato per la più confortevole (e poi non ho capito dove si prenotasse l’altra); sarai circondato da occidentali, lo è anche il buffet e il modo di fare, che bene o male ci è familiare.
Comunque, turistica o meno, il panorama è suggestivo: le anse del fiume, i picchi, i pescatori, i bufali d’acqua.
Ti assicuro che la quieta giornata ti regala la sensazione del “Ci voleva proprio”.
L’attracco è a Yangshou per anni meta solo per turisti zaino in spalla strizza l’occhio anche al nuovo turismo mantenendo però un certo equilibrio… almeno per ora.
Mi dicono che qui una bella idea sarebbe noleggiare una bici, un rickshaw o un moto-taxi per girare i dintorni: arrivando alla Collina della Luna sulla strada per Gaotian, oppure al villaggino di Liugong o agli sparsi mercatini locali.
Possibilità di praticare kayak, trekking, freeclimbing.
Per questo ti suggerisco, se puoi, di aggiungere almeno una giornata da trascorrere da queste parti.
Avendo ancora più tempo a disposizione Guilin offre anche la possibilità di vedere la collina della Proboscite dell’Elefante, sempre presente nelle foto simbolo di Guilin o la grotta del Flauto di Canna di Bambù, una tra le più vaste al mondo evidenziata da luci dannatamente Kitsch.
Da Guilin partono interessanti escursioni ai villaggi delle minoranze etniche.
Per ovvie ragioni di distanza e condizioni stradali questi minitour hanno una durata di più giorni nei quali si possono vedere risaie, l’architettura in legno dei villaggi, gli usi e costumi caratteristici oramai sempre più difficili da trovare.
Non avendo tempo a disposizione ho deciso per un full day stancante messo assieme dall’agenzia che mi ha assistito.
Partendo presto la mattina e tornando verso le 19 la sera sono riuscita a visitare il villaggio di Longji e quello di Longsheng.
Da Guilin per più di un’ora si percorre una strada semi-asfaltata (la stanno rifacendo), si arriva ad un immenso parcheggio e lasciato il nostro mezzo di trasporto bisogna prendere il bus di linea da 50 posti che fa solamente questa tratta.
20-30 Grupponi di cinesi urlanti e spingenti, in un giorno feriale, salgono sugli altrettanti numerosi bus, ma dove andremo tutti?
In un antico villaggio o in un villaggio turistico?
La salita tortuosa dura circa un’ora, il paesaggio che si incontra è la campagna cinese, gli orti, le risaie, la frutta in vendita per strada.
A tal proposito assaggia il mega pompelmo, meno succoso ma più polposo e dolce del nostro (non ti imbratterai le mani), ricordati di fartelo sbucciare almeno un po’ perché la buccia è spessa un centimetro!
Lasciando il pullman e dopo aver pagato il biglietto hai due possibilità: una passeggiata in falso piano di una decina di minuti, che ti consiglio se la giornata lo merita, oppure il trenino elettrico che percorre il sentiero dalle piastrelle nuove.
Il villaggino di legno di Longji è adorabile e spero rimanga tale, il benessere che fortunatamente è arrivato anche qui, con le motor zappe dei contadini, la nascita delle guesthouse, le nuove case (per adesso sempre in stile locale), non ha ancora intaccato l’atmosfera e l’ambientazione.
Ho avuto la possibilità di entrare in una casa di un’anziana signora di etnia Zhuang, molto ospitale, ogni angolo della sua casa, i suoi utensili, le sue abitudini sono state descritte con accuratezza.
C’è chi secca il peperoncino o la soia, chi osserva dalla finestra, già perché qui non c’è nessuno!
Nessuna orda di gruppi cinesi indiavolati, chissà dove sono andati!?
La mia guida mi propone di arrivare a piedi all’altro villaggio: Longsheng.
La passeggiata dura circa un’ora, qualche punto di salita, ma si affronta bene, il percorso è facile e la vista sulle risaie e la valle amabile: click, click, click.
Unico rammarico, peccato essere qui dopo solo pochi giorni dall’ultima raccolta del riso.
Arrivati al villaggio si può salire ancora più in su ed avere l’immagine completa della vallata e delle risaie a terrazza.
La salita è irta, per i più pigri ci sono le portantine, fortunatamente la maggior parte dei gruppi se ne è già andata (una grande idea è stata fermarsi anche all’altro villaggio ancora sconosciuto), i banchi sparsi di ninnoli sono seguiti da donne Yao in abito tradizionale.
Massicci, lucidi, lunghissimi: così sono i capelli delle donne Yao che vengono tagliati una sola volta nella vita.
Peccato che questa generazione sia l’ultima a portare avanti questa tradizione, come del resto molte altre.
Ti consiglio di tenere estremamente presente la visita ai villaggi delle minoranze etniche sparse un po’ per tutto il territorio.
Informati su quali siano quelli più facilmente raggiungibili dalle principali città toccate dal tuo giro.
Controlla con cura i più autentici (aggettivo che sta perdendo sempre più significato qui in Cina), avrai la possibilità di assaporare un’altra Cina che spesso la maggior parte dei turisti tralascia essendo difficile da raggiungere o mancante di standard turistici o capienze hoteliere avanzate (e quindi di massa e standardizzati).
Se puoi pernotta in uno di questi villaggi (piccole guesthouse offrono degna ospitalità), ti regalerai il lusso di essere da solo, la maggior parte dei tour di gruppo se ne va dopo l’ora di pranzo. Evviva!
Articolo di
Silvia Balcarini