Foto di Simona Marsella, Niokolo Koba

La prima città senegalese in cui ci imbattiamo è Saint-Louis, situata nella fascia di passaggio tra il paesaggio sabbioso del Sahara e quello della savana.

E’ una città coloniale dai colori vivi: perdendoci fra le sue caotiche strade quello che ci colpisce è la musica, che sembra aleggiare nell’aria.

Le condizioni igieniche e delle infrastrutture lasciano a desiderare, ma nonostante questo quello che si percepisce è un’allegria di fondo.

Giusto il tempo di assaggiare questa città e si riparte: ti ho già detto che non possiamo passare per Dakar a causa del nostro lasciapassare valido solo per raggiungere il Mali e così la nostra tappa successiva diventa Mbour, circa 80 km a sud della capitale.

Le condizioni delle strade sono davvero pessime: grandi voragini si aprono improvvisamente nell’asfalto senza alcuna segnalazione, per non parlare delle improvvise deviazioni su strade sterrate.

A differenza del paesaggio desertico e disabitato che ha accompagnato il nostro attraversamento della Mauritania, qui il nostro percorso è continuamente intervallato da piccoli e animati villaggi che si sviluppano ai lati della carreggiata.

La vita si svolge in strada, e questo ci permette al nostro passaggio di catturare scene di vita quotidiana: bimbi che giocano con una palla o qualcosa che le somiglia, donne impegnate a trasportare frutta e verdura sui loro vistosi copricapo, i soliti carretti trasportati da muli…

Finalmente arriviamo a Mbour, dove veniamo ospitati da un italiano amico del padre di uno dei partecipanti del Dogon, che ci mette a disposizione i locali dell’associazione umanitaria che gestisce.

La città, piccolo centro di pescatori, offre anche graziosi hotel a prezzi molto bassi (circa 20 euro a camera) ma per lo spirito conviviale rimaniamo tutti insieme: in fondo un bel pavimento comodo è quello che ci vuole dopo tutti questi giorni di viaggio.

Mangiamo in un ristorante e constatiamo che non ci sono piatti tipici particolari: pizza e hamburger sono i piatti principali, ma si trovano anche riso e pollo.

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Lasciata Mbour prima di raggiungere il Mali decidiamo insieme a due degli altri tre team del rally di concederci una visita al Parco Nazionale di Niokolo Koba, nella parte orientale del paese.

La tipologia del nostro viaggio raramente ci consente di fare i turisti visti i tempi stretti che abbiamo, ma questa volta decidiamo di fare un’eccezione: il parco si trova non troppo fuori del nostro itinerario e abbiamo una gran voglia di immergerci nella natura di questo rigoglioso e verde stato.

Dobbiamo raggiungere l’ingresso entro le 18, prima che chiuda quindi percorriamo velocemente i 600 km che ci separano, con un’unica breve sosta a Tambacounda per mangiare qualcosa e salutare il Team Tum Tam, che ormai sfinito preferisce procedere per Bamako.

Fortunatamente riusciamo ad arrivare in tempo: all’ingresso veniamo accolti da un gruppo di bambini mal vestiti e denutriti che ci chiedono “cadeau” e cibo facendoci una gran festa.

Nel frattempo alcuni del gruppo provvedono a pagare il biglietto d’entrata giornaliero e la guida obbligatoria: è infatti necessario essere accompagnati da una addetto locale per poter girare nel parco.

La nostra è “Assan”, uno scuro omaccione dal sorriso smagliante che sale a bordo di una delle nostre macchine e ci guida per gli oltre 30 km di sterrato fino al posto scelto per passare la notte.

Se vuoi visitare il Parco di Niokolo Koba ti consiglio di soggiornare all’interno per godere appieno della natura e immergerti completamente nell’habitat naturale.

Hai a disposizione diverse sistemazioni: puoi scegliere un semplice campeggio o come abbiamo fatto noi una struttura che mette a disposizione bungalow e camere, comunque realizzate nel rispetto dell’ambiente.

C’è anche un ristorante all’aperto con vista sul fiume Gambia, dove consumiamo una deliziosa cena a base di carne di bufala, insalata e papaia, e la colazione al mattino seguente.


Foto di Simona Marsella, coccodrillo affamato

E’ bellissimo svegliarsi col canto dei numerosi uccelli abitanti del parco, per non parlare delle numerose scimmiette che ci aspettano davanti alle nostre stanze esibendosi nelle più strane acrobazie.

Alla luce del sole è ancora più suggestivo: 900mila ettari di vegetazione colorata, dal verde della foresta in prossimità dei corsi d’acqua, al giallo ocra della savana secca.

Siamo nella riserva naturale più importante dell’Africa Occidentale tanto da essere riconosciuta come patrimonio dell’umanità dall’Unesco e Riserva della biosfera internazionale.


Foto di Simona Marsella, riunione di ippopotami

Vengono organizzate diverse escursioni: noi decidiamo di prendere parte alla gita in piroga sul fiume piuttosto che quella in fuoristrada, visto che chilometri sulle 4 ruote ne abbiamo macinati abbastanza.

Sotto un caldo piuttosto intenso ci mettiamo in navigazione e iniziamo ad avvistare i primi coccodrilli, immobili al sole con le fauci ben spalancate.

Ci sono tantissime specie di uccelli, di cui alcune particolarmente curiose, e poi sulle sponde facoceri, babbuini e antilopi, ma la presenza più inquietante sono gli ippopotami.

Li superiamo arrivando a poche centinaia di metri da loro: emergono dall’acqua solamente con le loro orecchie buffe e sembrano innocui, ma sappiamo bene quanto possono essere pericolosi.

Questa pausa nella natura era proprio quello che ci voleva per riprendere le forze e affrontare la fase finale del nostro rally di beneficienza.

Continua a seguirmi, stiamo per arrivare in Mali

Simona